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martedì 11 giugno 2013

Appunti sull'esaurimento del possibile

"Non ci limiteremo ai digiuni come Danilo Dolci.
Sono passati i tempi dei bivacchi coi morti o dei digiuni.
Se non nei fatti, almeno nelle intenzioni, è l’ora della violenza.
Della violenza, aggiungo, senza speranza, arida, impaziente.
Ci hanno deluso tutti: chi ha torto e chi ha ragione."

(Pasolini, A Panagulis)

Proprio ieri leggevo un testo di Zourabichvili, il defunto (suicida) genero di Nancy, su Deleuze e la politica: l'esaurimento del possibile, la figura dell'Esausto di Beckett, come prospettiva politica non assimilabile alla distinzione destra/sinistra.

Ormai, dopo aver fatto il mio digiuno e avere aridamente creduto nella nonviolenza, mi sento anch'io così. Esausto di politica.

"On ne tombe pourtant pas dans l'indifférencié, ou dans la fameuse unité des contradictoires, et l'on n'est pas passif : on s'active, mais à rien. On était fatigué de quelque chose, mais épuisé, de rien" (Deleuze, L'épuisé, p.59)


Postilla 25 giugno
L'épuisement può anche manifestarsi come depressione, dalla quale si esce focalizzandosi su ciò che importa: il senso.
Oggi ho ricordato che la mia unica esperienza di azione nonviolenta, il "digiuno NoTav" Ascoltateli!, mi ha lasciato una grande frustrazione per la totale mancanza di ascolto da parte delle istituzioni, oltre che un grande affaticamento per lo sforzo organizzativo a cui mi sono dedicato senza risparmiarmi (ho poi impiegato mesi per riprenderemi).
Quell'esperienza è stata fondamentale per farmi comprendere che è un grave errore affidarsi alla nonviolenza come se fosse uno strumento.