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mercoledì 7 luglio 2010

Gillo Dorfles nel 1969 osservava che gli italiani vestivano meglio di altri popoli. La situazione è cambiata... (Vogue3)


Pubblicato su Vogue.it


In un testo di quarant’anni fa, Dorfles faceva proprio il luogo comune secondo cui gli italiani vestivano meglio di altri popoli: “se ci guardiamo attorno, se osserviamo le folle delle nostre città e dei nostri villaggi e le paragoniamo a quelle di altri paesi a eguale e anche superiore sviluppo economico industriale, dobbiamo convenire che il popolo italiano è tra i “meglio vestiti” (p. 103).
Il critico azzardava poi una relazione tra il gusto per l’abbigliamento e l’incuria italiana negli aspetti importanti della vita: “purtroppo questo va a tutto detrimento di altri settori che sono vergognosamente trascurati; la cura della propria casa: il rispetto del paesaggio; lo sviluppo d’una coscienza civica” (p.104).
Come mi ha fatto notare una volta un giornalista francese esperto di Italia e italiani, oggi la situazione sembra opposta a quella descritta da Dorfles nel 1969: l’italiano medio si distingue per la bruttezza dei suoi vestiti (che a me sembrano tendere a un nero conformista e minaccioso).
Sarebbe però errato dedurne che gli italiani abbiano riversato tutta la loro attenzione sul rispetto del paesaggio o tantomeno sullo sviluppo di una coscienza civica: in logica, che A implichi B non implica affatto che la negazione di A implichi la negazione di B.

(Tratto da: Gillo Dorfles, Fattori estetici nell’abbigliamento maschile, in AA.VV. Psicologia del vestire, Bompiani, 1972)