E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

giovedì 21 marzo 2013

Un amico siciliano, storico della mafia, spiega le dichiarazioni di Borsellino su Grasso

Borsellino va compreso: da anni lotta per l'affermazione di una verità che stenta a farsi luce.Per ciò che attiene a Grasso, il suo merito è stato quello di essere riuscito a "normalizzare" la Procura di Palermo, strappandola agli "estremismi" precedenti e restituendola alla gestione storica dell'obbedienza ai colletti bianchi che comandano.Dopo aver mandato i suoi primi messaggi d'intesa a Miccichè e Dell'Utri (che era stato il suo allenatore nella squadra di calcio "Bacigaluppo"),ha ricevuto, poi,da questi personaggi e dai loro accoliti, apprezzamenti ed encomi, per essere riuscito ad attuare una epurazione della Procura (fu definito "un generale senza esercito") su mandato politico. Si è sempre scontrato con molti uffici della sua stessa Procura, che hanno costantemente denunziato il clima di sofisticato attendismo del procuratore Grasso quando si è imbattuto nelle inchieste su mafia e politica. Grasso, da una parte (in sede di convegni, seminari, tavole rotonde, interviste, etc.), si mostrava un continuatore della linea della lotta alla mafia; dall'altra parte dimostrava di realizzare, in termini di apertura di inchieste,una capacità d'incidenza sulla realtà criminale molto meno efficace di quanto non annunziato a parole. L'eccesso di prudenza, l'eterno temporeggiare, l'insabbiamento nel tentativo di esorcizzare la gestione caselliana: sono questi gli elementi più significativi della sua azione, quelli che hanno determinato gli apprezzamenti e gli encomi del centro destra (poi ricambiati). Grasso ha costantemente evitato, per principio, di portare a processo gli uomini politici e i colletti bianchi.A dimostrazione di quanto detto, vanno ricordati: il caso Cuffaro e la relativa derubricazione; il caso del pentito Antonio Giuffrè (doveva essere un altro Buscetta!); il caso del "finto pentito" Pino Lipari; lo scontro con Ingroia sul delitto Rostagno; i ripetuti scontri con Ingroia, Natoli, Lo Forte e Scarpinato (in questo ultimo caso Grasso è stato sostenuto da "Il Giornale", "Il Foglio", "Panorama", "Il Velino", l'avv.to Fragalà di AN). Per conclkudere, Grasso è stato il più efficace strumento della controriforma berlusconiana dell'ordinamento giudiziario:la trasformazione della Procura in una monarchia assoluta,sotto il comando di una casta di procuratori graditi al governo, onde evitare che affari scottanti e personaggi intoccabili finissero in mano a magistrati "mentalmente disturbati", "antropologicamente diversi dal resto della razza umana". "Obbedire e far carriera" s'è sostituito a "La legge è uguale per tutti"....
L'accostamento di Grasso a Dell'Utri non nasconde alcun intendimento malizioso, ma vuol significare come, a volte, l'allievo non riesca a trarre profitto dagli insegnamenti del maestro: per qualsiasi buon allenatore, infatti, vale il principio per cui squadra che vince non si cambia; e Grasso, invece, la sua, da lui stesso definita "straordinaria", l'ha smantellata poco alla volta. Dopo aver dichiarato, infatti: "...Da Caselli ho ereditato una squadra straordinaria, e non solo sul fronte dell'antimafia..." ("la Repubblica", 6 febbraio 2000), i suoi primi pensieri e le sue prime azioni sono stati indirizzati verso la emarginazione di tutti i pm più vicini a Caselli e, prima ancora, a Falcone e Borsellino. Uno dei primi ad accorgersi, con soddisfazione, della trasformazione della Procura, fu Lino Jannuzzi, che scriverà: "...Grasso ha avocato ogni decisione sulle inchieste, soprattutto quelle riguardanti mafia e politica, in cui sono impegnati Ingroia, Principato e Scarpinato..." ("il Velino", 26 gennaio 2000). E Scarpinato scriverà:"...Tutti quei magistrati che nella Procura di Caselli avevano condotto le inchieste più delicate su mafia e politica...vengono progressivamente estromessi dalle indagini. ..Un suicidio della memoria storica dell'Antimafia... (R.Scarpinato, "La storia. Italia mafiosa e Italia civile", in "MicroMega,4/2004). Al termine della epurazione, in Procura ritorna Pignatone, il fedelissimo di Giammanco (su quest'ultimo, v. nei diari di Falcone), coi gradi di Procuratore aggiunto: egli sarà il braccio destro di Grasso, il suo uomo di fiducia, il depositario di tutti i misteri. Su Pignatone si potrebbe scrivere all'infinito.Durante la sua attività, Grasso riesce ad attrarre su di sè gli elogi e del centrodestra e del c.d. centrosinistra. Eppure, nel corso di convegni e nellle interviste, egli si scaglia contro la politica giudiziaria e antimafia del governo (contro la riforma dei pentiti del governo Amato; contro le riforme del governo Berlusconi), usando toni aspri, parole pesanti. Altri magistrati, per molto meno, sono stati oggetto di interrogazioni parlamentari, insultati ("toghe rosse",sono stati chiamati, per es.), attaccati, proposti per il trasferimento, sottoposti a procedimento disciplinare; Grasso ha, invece, un'amplissima libertà di parola, perchè la magistratura, quando è attaccata, lo è non tanto per ciò che dice, ma per quello che fa. E' l'inizio di quella che sarà l'antimafia parolaia, l'antimafia di facciata, l'antimafia degli annunci. Per concludere, mi pare utile si ponga mente alll'ultima dichiarazione spontanea resa al processo di Palermo, il 29 novembre 2004, da Dell'Utri:..."Il procuratore Grasso, quando era giovane, giocava a calcio nella mia squadra, la Baigalupo, ed era famoso perchè a fine partita usciva sempre pulito dal campo: anche quando c'etra il fango, lui riusciva sempre a non schizzarsi...".