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lunedì 17 marzo 2014

Roman nouveau, 1

Sempre avevo temuto di essere pressoché vuoto, di non avere insomma alcuna seria ragione per esistere. Adesso davanti ai fatti ero proprio certo del mio nulla individuale (Céline)
Il giorno della mia laurea ero contento ma triste.
Mi piaceva avere finalmente terminato un lavoro assurdo di scrittura, durante il quale il mio relatore non mi aveva seguito neanche il tempo di un tè pomeridiano (privilegio riservato alle sole studentesse).
Ma percepivo una cupa pesantezza, proiettata sulla scena da mio padre, taciturno e impenetrabile come non mai. Non era da lui, tutto quel tacere. Non volevo sapere che era molto malato e sarebbe morto di lì a poco.

Quando la discussione della tesi fu terminata non sapevo che cosa pensare, mi sembrava che quell'evento non avesse alcun senso. Uscimmo dall'aula e il fotografo che ci aveva convinti ad affidarci a lui cominciò a fotografare il gruppo di amici e parenti mentre eravamo ancora sulle scale. Passò un autorevole antichista che ci disse: "ma perché non andate fuori, con i bellissimi chiostri che abbiamo!"Provai molta vergogna, come se la responsabilità fosse mia, e poi mi dissi che avrebbe forse potuto pensarci mio padre. Ma lui stava morendo, e non poteva fare proprio niente. Morire era già abbastanza.
La vergogna che provai è registrata nella foto ufficiale di me davanti a un pozzo al centro del chiostro. Ho gli occhi chiusi e sono un po' inclinato di lato come un omino di Chagall.

Mio padre e gli zii non rimasero nemmeno per la cena, come pensavo avrebbero fatto. Quando furono tutti partiti mi sentii molto triste e cominciai a telefonare a Strasburgo, dove avevo fatto l'Erasmus, per trovare un professore che mi prendesse a fare il DEA. Era il 24 giugno 1997 e da quel momento non mi fermai più un solo istante.