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lunedì 6 settembre 2010

Tre mail al Manifesto su Raimo

3.

Caro Manifesto,
sono lieto di constatare che le mie due mail di protesta contro Questione di performance, di Christian Raimo, hanno sortito un effetto positivo. L’articolo di Raimo che pubblicate oggi in prima pagina è un bell’articolo condivisibile, tranquillo, ben scritto, accettabilmente ironico, e persino propositivo (l’idea delle biblioteche in ogni quartiere, che Raimo cita dal libro di Antonella Agnoli, non sarà sua ma è buona).

Vi ringrazio molto, quindi, per aver finalmente convinto Raimo a lasciar perdere le “provocazioni”, specialmente quelle filosofiche, che non gli vengono col buco.

Coi migliori saluti

Edoardo Acotto

PS: Solo non capisco una cosa: visto che mi avete dato ascolto, almeno una mia mail potevate pubblicarla, no?

RISPOSTA DELLA REDAZIONE: Non abbiamo certamente "convinto" Raimo a scrivere una cosa invece di un'altra. Siamo lieti che il secondo articolo le sia piaciuto. Quanto alla pubblicazione dei commenti, vale la risposta data al suo commento precedente.




2.

Caro Manifesto,
ieri avete pubblicato alcune righe di una lettrice che si dice entusiasta delle "provocazioni" di Raimo. Qualche giorno fa io vi avevo spedito una serie di critiche indignate per la grave insipienza di “Questione di performance”, ma non mi risulta che abbiate pubblicato neanche un rigo. Se non volete sembrare un po’ autoelogiativi, perché non pubblicare accanto alla mail entusiasta almeno una mail di critica?
Fermo restando che da voi non mi aspetterei inutili "provocazioni" (ma a quali soggetti, poi?) bensì intelligenti analisi e proposte politiche. Come quelle cui mi avete abituato nel corso degli anni.
Coi migliori saluti

Edoardo Acotto


RISPOSTA DELLA REDAZIONE: Il suo commento è stato regolarmente pubblicato il giorno stesso. Se non volete sembrare un po' prevenuti, perché non guardare prima di protestare?



1.

Cari amici e soprattutto compagni del Manifesto,
mi dispiace dovervi dire che l’articolo di Christian Raimo in prima pagina l’altro ieri (http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2010/mese/08/articolo/3286/), Questione di performance, a meno che si tratti di uno scherzo saccente di cui non colgo il senso, fa gran torto all’intelligenza del vostro giornale e dei suoi lettori.
Non basta certo essere scrittori per saper formulare pensieri sensati su qualsiasi argomento, specie volendo attingere alla filosofia (specie conoscendola in modo approssimativo e superficiale come sembra essere il caso di Raimo).
Le stupidaggini snocciolate nell’articolo sono numerose e gridano vendetta: le elenco in ordine sparso.

1) Citando Wittgenstein (che non ha mai sostenuto che non possiamo uscire dai limiti del nostro linguaggio) e Austin (non “cinquant’anni dopo Wittgenstein” ma trenta: la sua teoria è formulata negli anni ’50 mentre il Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein è pubblicato nel 1921), Raimo prova a farci una lezioncina scarsa scarsa sugli atti linguistici ma fraintende completamente il “performativo” e lo stravolge in un concetto posticcio e assurdo quale quello di “performativo vuoto”. Se il lettore non conosce l’argomento non ne capirà nulla, mentre se lo conosce si metterà a ridere. L’atteggiamento di un comunicatore serio non dovrebbe essere quello di sforzarsi di mettere il lettore in grado di capire o, nell’impossibilità di farlo, lasciar perdere?
2) Raimo ci spiega la sua finissima strategia per rovesciare l’impero berlusconiano: non dobbiamo prendere in considerazione il contenuto di quello che dice Berlusconi perché quello non farebbe mai vere dichiarazioni ("il senso di ciò che dice sta sempre nell'effetto che queste frasi producono": formula generica che si adatta benissimo all'intero linguaggio). Ora, è chiaro che Raimo non sa di che parla: un atto linguistico performativo ha ovviamente un contenuto semantico che lo distingue da altri performativi (provate a registrare vostro figlio all’anagrafe come Piersilvio per poi pretendere che il suo vero nome sia Agostino…) mentre un “performativo vuoto” è un mostro concettuale che esiste soltanto nella testa di Raimo. Il punto è che ai berlusconiani PIACE IL CONTENUTO di ciò che Berlusconi dice, nella maggior parte dei casi ben sapendo che si tratta di affermazioni false. Berlusconi gioca con il becero immaginario fascistoide di chi lo vota sapendo che toglierà tasse ai ricchi, non combatterà l’evasione fiscale, aiuterà la mafia, spezzerà le reni al lavoro dipendente e operaio, ecc. Il problema sono i berlusconiani, non il linguaggio che Berlusconi usa per farli ridere.
3) Raimo dice che il danno fatto da Berlusconi dipende dal suo linguaggio che avrebbe addirittura mutato radicalmente lo scenario della comunicazione. C’è qui – nella migliore delle ipotesi – una visione superficiale e intellettualistica del linguaggio come se non fosse incarnato negli individui che compongono una società. Raimo direbbe forse che il regime mussoliniano durò vent’anni grazie alla retorica di Mussolini anziché per il consenso datogli dagli italiani, da spiegarsi in sede storiografica? Il punto è che molti italiani votano Berlusconi perché sono berlusconiani, ossia fascisti, e il linguaggio non ne può nulla, limitandosi a rispecchiare la disgustosa rozzezza di questi fascisti, siano essi borghesi o proletari, del nuovo millennio. Di nuovo, il problema sono i berlusconiani, non il loro linguaggio.
4) Raimo dice che dobbiamo delegittimare Berlusconi lanciando spiritose sentenze come: “Berlusconi puzza, non sa l’inglese” ecc. E’ un consiglio talmente stupido da far venire il dubbio di una presa in giro. Spero di vedere presto Raimo affrontare Berlusconi in piazza urlandogli le sue frasi strategiche. (Nota personale: nel 2001, subito dopo Genova, fui aggredito dagli scagnozzi marettimani di Gasparri quando osai disturbare una pubblica festa in suo onore, irrompendo con una maglietta che recava la scritta “Gasparri noglobal”. Una simpatica cazzata situazionista che non farei più e che mi guardo bene dal proporre come modello di azione politica per sconfiggere il berlusconismo).
5) Raimo dice che Berlusconi non ha un progetto, quindi non possiamo attardarci a combatterlo. Se quello che Berlusconi ha fatto in questi 15 anni non è la distruzione della Repubblica e di ogni servizio pubblico, allora vorrei che Raimo mi spiegasse che diavolo ha fatto e sta facendo Berlusconi da 15 anni: il gioco dei performativi?
6) Infine, Raimo dice che Berlusconi “non è nemmeno una cattiva persona, ma soltanto un vecchio rompiballe”. Quando non si sa più chiamare col suo nome il fascismo berlusconiano, allora il fascismo ha davvero vinto.

Concludo invitandovi a non abbassare la guardia: è da tempo che la stupidità e l’ignoranza stanno distruggendo la Sinistra. Uno scivolone può andare (siamo ad agosto, lo so), ma se anche voi iniziate a dare spazio all’italica onnivora cialtroneria, siamo davvero fottuti.

Edoardo Acotto