Visualizzazioni totali

mercoledì 17 novembre 2010

Ho intervistato Michel Houellebecq...


2.
Michel Thomas, alias Michel Houellebcq, è stato per anni considerato uno scrittore scandaloso, politicamente scorretto, addirittura un portavoce del fascismo europeo (come disse un Baricco straordinariamente abbagliato, alcuni anni fa).
Con La carta e il Territorio, il suo ultimo romanzo che per molti versi si presenta esplicitamente come il suo “ultimo”, quasi un commiato (per sopraggiunta anzianità?) dall’intensità della precedente scrittura, spesso incandescente per temi pensieri e passioni (tristi) racchiusi in essa, Houellebecq sembra ora avere raggiunto una specie di calma artistica, se non esistenziale (anche se vedendolo da vicino emana una gran quiete: dipenderà dai giorni a quanto dicono i giornalisti, ai quali lo scrittore sembra comunque riservare un disprezzo aprioristico…).
Oltre all’indiscutibile potenza di una narrativa colta che spesso mescola i toni immediati della letteratura popolare e le tinte forti della pornografia con ardui intermezzi teorici, scientifici e filosofici, l’appassionato lettore di Houellebecq apprezza proprio questa mistura esplosiva. Personalmente, da anni considero i romanzi di Houellebecq come i più rilevanti dal punto di vista filosofico che si possano reperire sul mercato occidentale contemporaneo. Ovviamente ci sono altri grandi romanzieri, anche enormi, com’è del resto Houellebecq, ma difficilmente i loro libri evocano direttamente o indirettamente tanti problemi filosofici come quelli di Houellebecq.
Perciò quando lo incontrerò per la prima volta in vita mia glielo dirò subito. Lo incontrerò al Grand Hotel de Milan, un bel luogo sontuoso per incontrare il mio scrittore preferito. Che è oggettivamente uno degli scrittori viventi più importanti al mondo.
Houellebecq tarderà un po’ a scendere, mi dice la persona della Bompiani che organizza le sue giornate italiane. Il mio nervosismo cresce: è noto che H odia i giornalisti. Ma io non sono un giornalista, mi dico per tranquillizzarmi… E poi la sera precedente l’ho visto a un incontro pubblico a Torino, è stato gentile, ha risposto cortesemente a tutte le domande, ed è stato anche spiritoso in maniera non aggressiva.

***

1.

...sabato 20 novembre alle 10,30, a Milano.

Da allora se guardo indietro nel passato non mi viene in mente null'altro che lui seduto sul divano del Grand Hotel de Milan con me accanto che gli tendo il registratore digitale verso il volto, non troppo vicino per non fastidiarlo, non troppo lontano per non rischiare di perdere neanche una frazione delle importantissime onde sonore che usciranno dalla sua bocca.
Della verità, come bocca, per me.

Sono giunto a intervistare Houellebecq per una serie di miei fraintendimenti, la cui catena causale è la seguente: qualche tempo fa avevo provato a vedere la serata dedicata a Brett Easton Ellis e non c'ero riuscito. Così, pensando che per Houellebecq sarebbe stata la stessa storia, avevo chiesto a un paio di amici giornalisti se per caso potevano farmi avere un qualche pass, per poi rendermi improvvisamente conto che la mia saltuaria collaborazione con Vogue.it mi forniva la possibilità non dolo di vedere Houellebecq, ma anche di intervistarlo! In quel momento di insight sono stato molto contento delle mie saltuarie collaborazioni con Vogue.it.
Così, ho messo in moto la macchina organizzativa e in poche ore ho ottenuto dalla Bompiani il permesso di intervistarlo. Permesso di cui mi sono fatto forte per entrare al Circolo dei Lettori anche se ho scoperto poi che non ce n'era affatto bisogno: c'era molto meno pubblico che per Brett Easton Ellis, e ho capito che non avevo affatto chiare le dimensioni della fama internazionale dei due scrittori.
Ellis, per altro, non l'ho ancora mai letto, anche se rimedierò quanto prima con Glamorama, che a Houellebcq pare piaccia molto.

Avevo dunque visto Houellebecq a Torino la sera prima di intervistarlo, al Circolo dei lettori, dove presentava il suo nuovo romanzo, La carte et le territoire. La conferenza fu interessante, ma non strepitosa, le domande del pubblico abbastanza ovvie anche se mi hanno risparmiato la tentazione di chiedergli che cosa ne pensasse di Silvio Berlusconi: qualcuno gliel'ha chiesto, in paragone con Sarkozy, e lui ha risposto che le situazioni erano molto diverse, che non si ricordava nemmeno più da quanto tempo Berlusconi governasse l'Italia, gli pareva "dalla notte dei tempi"...
Il mattino dopo, dopo aver fatto molto tardi la notte prima per limare le mie domande, sono partito alla volta di Milano, con uno zaino carico di merci e prodotti energetici naturali, come ai bei vecchi tempi del concorso a cattedre (allora lo zainetto conteneva: guaranà per svegliarsi, ginseng per svegliarsi un po' meno, Euphytose per calmarsi nel caso mi fossi agitato, pappa reale per l'energia, e forse altre cose che ho dimenticato).

Arrivato alla stazione di Milano consultai la mappa e, non senza indirizzare qualcuno che mi chiedeva come andare al Duomo, mi diressi verso il Duomo, sapendo lì vicina la via Manzoni del Grand Hotel. Feci un paio di falsi giri prima di trovare l'Hotel de Milan ma alla fine vi arrivai. Un'ora prima del tempo. Andai in un bar adiacente, per nulla adeguato al lusso del grand Hotel.
Lì ripassai le mie domande, davanti a un cappuccino, e soffiandomi ripetutamente e rumorosamente il naso, sperando che il raffreddore si placasse durante l'intervista.
Leggevo ancora qualche pagina di Houellebecq, da Interventions 2, e naturalmente trovavo spunti interessantissimi per domande che era troppo tardi per formulare per bene.
Dieci minuti prima dell'ora concordata, dopo un'accurata toilette anti-raffreddore, partii alla volta del De Milan, 50 metri più in là.

[to be continued]