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sabato 30 aprile 2011

Quanta pazienza ci vuole con i filosofi marxisti...



Bene, ho letto con interesse e chiosato.
Molti punti non mi convincono:
- "l’intenzionalità (proprio quella che Brentano considerava l’essenza del “mentale”), in quanto in tal caso risulta troppo facile per i Wittgenstein, i Ryle dissolvere un “mentale” svuotato del suo proprio contenuto in regole grammaticali o peggio in veri e propri crampi linguistici." Non mi risulta affatto che Wittgenstein abbia "dissolto" il mentale, semplicemente ne ha posto la non oggettivabilità fuori da determinati giochi linguistici (che per lui ovviamente non potevano comprendere le neuroscienze).
- "la struttura autoreferenziale della c.d. coscienza, che, malgrado la riscoperta recente e seppure in maniera non altrettanto evidente, è una struttura comune  a molti altri concetti trattati con formulazioni metafisiche e religiose da molte tradizioni anche antiche di tipo ontologico e mistico." Questo non mi è chiaro: che vuoi dire?
- Quando isoli le immagini mentali dalla sensazione causante ("Propri del ricordo o della fantasia questi fenomeni sono mentali, nel momento invece in cui sono concretamente visti o sentiti allora no") mi pare proprio che trascuri di domandarti da che cosa mai sarebbe fisicamente prodotto quello che tu chiami "spazio asatratto" ma che altro non è che l'effetto soggettivo di un'attività cerebrale (memoria visiva, immaginazione).
Più in generale quando affermi che "perché essi siano considerati derivati da fenomeni fisici non è sufficiente la reciproca somiglianza, ma ci vuole un’esplicita opzione ontologica" mostri tutto il il tuo idealismo filosofico (e ti contraddici rispetto alla tua decostruzione di fisico/mentale) affermando che il riconoscimento della realtà abbisognerebbe di un surplus filosofico: e se questo surplus non è mentale, allora che diavolo è? La filosofia pensi forse di farla con le Idee platoniche e l'Io puro? Voi marxisti nuotate per caso nell'intelletto agente? :-D
- Bella la frase "Ryle e Dennett cercano di realizzare una dissoluzione linguistica delle immagini mentali, assumendo presupposti non sempre condivisibili e compiendo spesso acrobazie verbali al termine delle quali il tono soddisfatto è quello dell’artista di circo che aspetta un applauso che non verrà mai". Peccato che nel prosieguo esemplifichi col solo Ryle mentre al povero Dennett non concedi nemmeno il beneficio delle sue stesse parole (immagino comunque che sia il giovane Dennett quello che ha preso parte alla querelle, per altro molto datata e oggi quasi completamente priva di senso, visto che si va ormai verso un'integrazione di tutte e opzioni precedentemente ).
- “A tal proposito riveste grande importanza la questione dei rapporti tra il mentale ed il fisico”: così presupponi l’esistenza di due livelli separati senza averla dimostrata. Non prendi nemmeno in considerazione l’opzione monista materialista (forse perché per voi marxisti il materialismo è solo quello dialettico, ottocentesco?).
- “a tal proposito il dualismo interazionistico potrebbe avere forse ragione se si dimostrasse in sede sperimentale che due eventi, l’uno mentale l’altro fisico, considerati corrispondenti dalla teoria rivale, siano invece successivi dal punto di vista temporale”: stai alludendo all’esperimento di Livet? Non credo che ne derivi un rafforzamento del dualismo interazionistico. Per inciso, una teoria è sempre sotto determinata dagli esperimenti, che non “dimostrano” un bel nulla ma portano evidenze a favore o contrarie: come arrangiarle dopo, sono cazzi.
- la tua confutazione delle teorie dell’identità è debole: presupponi l’esistenza di due livelli diversi per dichiarare assurda l’affermazione dell’identità di due diversi: ma una teoria dell’identità argomenta proprio che i livelli non siano due ma uno solo, quindi tutto quel che dici dopo non consegue (la necessità di spiegare ontologicamente l’identità…).
- sorvolo sui “veri e propri errori di grammatica filosofica”, perché ovviamente nessuno crede all’Homunculus. Si potrebbero inventare termini tecnici ad hoc, ma dato che il linguaggio è metaforico va benissimo dire che “la mente computa”, se l’uditore ha voglia di interpretare l’intenzione comunicativa non c’è bisogno di spiegazioni terminologiche, e se non ne ha voglia sono inutili.
- Trovo quasi superstiziosa la tecnofobia della tua conclusione etico-politica: attribuire all’AI la “copertura ideologica” del dominio dell’uomo sull’uomo significa non saper proprio che pesci pigliare con l’AI: ma l’hai mai guardato da vicino un programma? Hai mai studiato un po’ di linguistica computazionale? Quando usi il computer ti domandi mai che cazzo di lavoro c’è lì dentro? E se lo fai e ti rispondi che gli “intellettuali informatici” che ti permettono di scrivere il tuo blog sono inconsapevolmente servi del potere, scusa ma secondo me sei pure un poco stronzo.
Il problema degli intellettuali (me compreso) è proprio il contrario di quello che dici tu: non sanno un cazzo di scienza e tecnica, e usano l’informatica senza nemmeno conoscerne l’ABC.
- Riguardo all’insistenza sul “velo che copre il dominio” anche questa è una giustificazione tipicamente marxista: poverini, vengono ingannati… Da anarchico invece io penso semplicemente che il dominio sia ben visibile, e che venga scelto dagli uomini, i quali dunque hanno sempre responsabilità morale nella partecipazione al dominio. A parità di condizioni non tutti si comportano allo stesso modo (vedi i casi estremi come i campi di sterminio).
- Idem quando parli di “riacquistare la facoltà di negare i rapporti sociali dati”: la facoltà non va riacquistata, va semplicemente esercitata, basta farlo istante per istante, anziché aspettare la rivoluzione.
- Anche sulla creatività e le emozioni divergo concordando: certo che sono il punto chiave, ma ti comunico che le scienze cognitive e l’AI stanno esattamente lavorando su quella prima linea (guardati l’ultimo libro di Minsky, per esempio: The emoziona machine). Concordo con Minsky che per dare l’intelligenza al computer bisogna dargli le emozioni, e questo è del tutto possibile (ritengo per altro che saranno emozioni migliori di quelle della maggior parte dei berlusconiani).
- Più in generale tutto il tuo discorso è filosoficamente interessante, ma interessante SOLTANTO FILOSOFICAMENTE. Senza cadere nella neuromania, possibile solo a scienziati filosoficamente deboli, qualsiasi neurofilosofo cognitivo sa che parlare di mente/cervello non è solo una cifra stilistica ma un semplice modo per ricordare a tutti, scienziati e filosofi, che per secoli abbiamo parlato di mente senza conoscerla: man mano che comprendiamo il funzionamento del cervello le discussioni filosofiche dovranno recepire le nuove conoscenze e adattarsi per non sembrare ridicoli. Per esempio chi vuol essere dualista, sia, ma sono cazzi suoi.
Una filosofia all'altezza della neuroscienza oggi non può permettersi un’assiologia che anteponga gli assiomi filosofici alle evidenze sperimentali. O meglio, può farlo ma si rinchiude nel recinto prediletto dai continentali e dagli analitici (i primi si salvano trafficando con arte e letteratura, i secondi con scienza e neuroscienza cognitiva): quello delle discussioni accademiche prive di pubblico non specializzato.
Francamente penso che la filosofia possa fare di meglio, tu no?