E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

giovedì 26 dicembre 2013

Libri che posso finalmente riprendere dopo aver terminato la tesi di dottorato

- Viaggio al termine della notte: come avevo potuto dimenticarlo! Ci sono arrivato tramite l'azzeccatissimo Point Lenana, la mia esaltante lettura estiva. A un certo punto si scrive che Benuzzi non apprezzava il modernismo di Niente di nuovo sul fronte occidentale di Rémarque e di Voyage au bout de la nuit. Siccome era da anni che volevo leggerlo ho subito attaccato.
Il capitolo sulla guerra è magnifico, e anche quello sull'ospedale psichiatrico. Meno quello sull'Africa (ma la paranoia del viaggio con quelli che lo vogliono scaraventare è incredibile). Poi non si capisce più niente quando viente venduto schiavo, sembra un film di Terry Gilliam. Di nuovo bellissimo quando va in America.
C'è però un problema: la traduzione che so quasi impossibile, non mi convince e vorrei leggerlo in francese. Un po' come leggere Houellebecq in italiano: non mi pare abbia senso (anche perché le prime traduzioni hanno pure degli errori grossolani).

- La vita agra. Bellissimo. Inquietante. Quando comincia a parlare della "missione" capisci che non avevi capito ancora niente.
Poi quando comincia a parlare di Anna capisci che non avevi davvero ancora capito niente. Poi quando comincia a parlare del lavoro, delle traduzioni, dei soldi, delle bollette, dei poveracci, dei morti ecc. capisci che è meglio se smetti di cercare di capire prima di averlo finito, perché è un bellissimo libro rizomatico, visionario, militante.
Una cosa però mi sembra innegabile: è tristissimo e leggendolo mi comunica inquietudine per la malattia (il collega delle trasfusioni) e la morte (quella extradiegetica, precoce, di LB).

- La lingua salvata (sublime. Ma sull'infanzia Canetti ha uno sguardo troppo infantile, che non mi aspettavo. Lui stesso dice, all'inizio, che non parlerà MAI di psicoanalisi, e userà "inconscio" in senso non freudiano)

- Moby Dick (ineffabile, ma il capitolo in stile teatrale mi aveva rallentato)

- Madame Bovary (a dire il vero Emma m'annoja assai)
- Ulysess (dopo averlo mollato all'università non ricordavo quanto fosse divertente. Altro che Recherche o Musil! Joyce forever!)

- Geologia di un padre, di Valerio Magrelli. L'ho iniziato grazie al libro di Federico Francucci. Conoscevo Magrelli solo di nome, e come poeta. Questo libro mi interessava a priori per il tema della morte del padre, poi la bella analisi di Francucci (ultimo capitolo del suo libro) mi ha definitivamente deciso.
Il libro propone un'ottantina di paragrafi-ricordi, in ordine più o meno cronologico. E' bello, ma me lo aspettavo sublime. Non lo è, nonostante sia alta letteratura (molti gli effetti speciali linguistici).
Questo mi rasssicura: il libro sul padre posso ancora scriverlo io :-D

- Vita di Henry Brulard. E' l'autobiografia di Stendhal. Adoro Stendahl, ma questo libro ha una voce molto diversa, impressionante: la sua vera voce, priva della fantastica dimensione narrativa di cui lui solo è maestro.

- Confessioni di un mangiatore d'oppio, di De Quincey. Avvincente, ma di tutti i libri che ho iniziato è quello per ora più lontano dall'epicentro della mia attuale vita mentale. (L'ho cominciato subito dopo aver terminato il bellissimo Gli ultimi giorni di Immanuel Kant.)