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sabato 6 novembre 2010

Interpretanti e trasformatori, 3. Risposta a una domanda di Roberto Casati per un rapporto ministeriale sulla "valorizzazione" delle scienze umane

Io direi così: le scienze umane (come ogni scienza a prescindere dal suo oggetto) non hanno valore in se stesse a prescindere dal contenuto di conoscenza effettiva che possono raggiungere e offrire.
Chomsky afferma ripetutamente che per la conoscenza dell’animo umano la letteratura e l’arte sono insuperabili, e che la scienza non potrà mai raggiungere risultati paragonabili. Ma in assenza di garanzie sulla riproducibilità di brillanti intuizioni individuali (ci saranno sempre poeti come Dante e drammaturghi come Shakespeare? Non è detto) il raggiungimento di un grado rilevante di conoscenza si ha soltanto con un metodo rigoroso, più o meno vicino al metodo quantitativo delle scienze sperimentali (in ogni caso non incompatibile con questo).
Il metodo delle scienze umane non è sempre rigoroso come dovrebbe perché le scienze umane potessero sperare di mantenere una posizione centrale all’interno dell’attuale sistema della conoscenza: per esempio il culturalismo mainstream non produce molta conoscenza, ma pregiudizi ideologici (tra l’altro facilmente manipolabili dal potere: “i musulmani non si integrano in Occidente perché hanno un’altra cultura dalla nostra”).
Anche se non è possibile pensare a una ritraduzione completa delle scienze umane in scienze umane naturalizzate, la questione della compatibilità o incompatibilità con la naturalizzazione dovrebbe tuttavia essere affrontata all’interno di ciascun ambito disciplinare.
La naturalizzazione, e il confronto metodologico e contenutistico con le scienze naturali, dovrebbe essere l’orizzonte delle scienze umane affinché esse possano produrre conoscenza valida e utile; in mancanza di questo orizzonte le scienze umane non solo non hanno valore in se stesse ma diventeranno probabilmente sempre meno necessarie anche all’ipotesi “marchande” (tendo a pensare che per continuare a vendere le t-shirt del Partenone non sia necessario un grande apparato scientifico alle spalle, ma basti la mediatizzazione degli oggetti culturali e l’autoriproduzione dell’industria del turismo).
Qualora le scienze umane accettino sempre più e meglio di confrontarsi con la prospettiva della naturalizzazione, il loro contributo al sistema della conoscenza rimarrebbe fondamentale, essenzialmente per la rilevanza e l’interesse intrinseco dell’oggetto scientifico: la sfera antropica in tutte le sue dimensioni individuali e associate.