E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

sabato 7 dicembre 2013

Diario della presenza mentale, 7 (Resistenze, volontà, autoinganno)

In una quinta ho nominato en passant la presenza mentale e i ragazzi mi hanno immediatamente manifestato grande interesse. Perciò mi riprometto di fargli una lezione a partire da Il miracolo della presenza mentale, di Thich Nhat Hanh.
Però io la presenza mentale non la pratico da tempo, e ora come ora non saprei da dove iniziare. Che cosa mi trattiene? In questo preciso momento almeno tre cose: sto scrivendo queste righe, sto ascoltando i Massive Attack e devo tornare a correggere la mia tesi di dottorato.
Eppure SO che questi non sono veri ostacoli. Si potrebbe fare presenza mentale senza sospendere nessuna di queste tre azioni, che sono oggetti fenomenologici come tutti gli altri.
Devo dunque non autoingannarmi sul fatto che io non POSSA fare presenza mentale. Io posso fare presenza mentale in qualsiasi momento. Direi che dovrei però VOLERLO, ma mi sembra di sapere che non sia precisamente una questione di volontà.
O invece sì? Forse qui tocco di nuovo ciò che da bambino cercavo di capire riguardo alla mia debolezza della volontà (akrasìa)?
Ora smetto di scrivere, torno alla mia tesi, lascio i Massive Attack. Ma provo a praticare la presenza mentale.

***

Ora sono riuscito a praticarla per qualche istante, mentre giravo la pasta. E' come se dovessi comandare i miei occhi perché continuino a guardare le cose anche dopo averle identificate per l'azione pratica ("quella è la pentola gira la pasta ma non distrarti subito, guarda la pentola, guarda l'acqua che bolle, guarda la tua mano che gira il cucchiaio dentro all'acqua dentro alla pentola...")