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giovedì 9 dicembre 2010

Alfonso Petrosino e la rivoluzione di Acotto

Edoardo dice che per l'anno prossimo,
un anno, e avremo finalmente la
rivoluzione; o, meglio, ci sarà.
Come se fosse una stagione e fossimo

foglie che cadono dagli alberi anzi
foglie che spuntano tra i rami. La
visione opposta, a questo punto, tra
le due stagioni è roba da romanzi

e in quanto tale interessante, ma
più suscettibile di ramanzine
che di dibattiti e dibattimenti.

E noi? Saremo in grado noi? Chissà.
Perché si parla tanto, ma alla fine
un anno è una questione di momenti.

(Alfonso Maria Petrosino)

Julian Assange: il segreto del potere (Vogue15)


L’australiano Julian Paul Assange, programmatore e hacker, giornalista e blogger, studente di fisica, matematica, filosofia e neuroscienze, infine fondatore di Wikileaks, è stato arrestato l’altro ieri a Londra sulla base di un mandato di cattura internazionale emesso dalla Svezia con l’accusa di una duplice “violenza sessuale” (in realtà secondo un’accezione molto idiomatica del reato).
La vicenda è quanto meno intricata: le accuse sembrano bizzarre (si dice anche che una delle due accusatrici sia una collaboratrice della CIA) e la cosa certamente più rilevante di tutte è che gli USA vorrebbero estradarlo. Mentre si aspetta di sapere se gli USA otterrano la rendition di Assange, col rischio che l’attivista dell’informazione sia incriminato per spionaggio e punito molto duramente per il rilascio al pubblico di informazioni segrete, insorgono in tutto il mondo gli intellettuali impegnati come Noam Chomsky e Ken Loach, chiedendo la liberazione di Assange e la difesa da parte degli stati democratici della libertà di informazione.
È vero che, come ci ha fatto sapere Piergiorgio Odifreddi dal suo blog, già nel 2007 Assange si pronunciava in maniera molto ispirata in favore della trasparenza assoluta dell’informazione: “Siano benedetti i profeti della Verità, i suoi martiri, i Voltaire e i Galileo, i Gutenberg e gli Internet, i serial killer delle illusioni, quei brutali e ossessivi minatori della realtà, che distruggono ogni marcio edificio fino a ridurlo a rovine su cui seminare il seme del nuovo». Ma ciò che più colpisce dell’operato di Assange è questo: mettersi contro un potere forte sembra un’ impresa rischiosa (vengono in mente I Tre giorni del Condor di Sidney Pollack), ma mettersi contro più governi statali contemporaneamente sembra un vero suicidio.
Ma perché il caso WikiLeaks/Assange ha assunto le fattezze di uno tsunami per il mondo occidentale dell’informazione politica? Sapere è potere, diceva il filosofo Francis Bacon a proposito della tecnica: si potrebbe anche affermare che potere è sapere, e - soprattutto - non far sapere. Ancor più della sua intrinseca violenza (di cui secondo il sociologo Max Weber lo Stato ha il legittimo appannaggio) lo scandalo del potere è la sua segretezza. Fino a oggi, almeno. Perché WikiLeaks sembra avere dischiuso la possibilità che si sappia tutto ciò che normalmente rimane dietro le quinte, a fondamento di pratiche di potere pubblico e privato non sempre raccomandabili e talvolta gravissime.
WikiLeaks mette le sue informazioni, di cui viene in possesso per vie che rimangono anonime, a disposizione di chiunque sia dotato di un computer e di una connessione internet. Si tratta ovviamente di informazioni da interpretare, contestualizzare, analizzare e comprendere e che mobilitano quindi la mediazione giornalistica più tradizionale (pochi hanno letto direttamente i documenti in questione): ma l’elemento centrale è la possibilità che tutti sappiano tutto dell’operato di chi detiene il potere. Chi critica WikiLeaks lo fa per difendere il potere, nel bene e nel male, con l’idea che ''gli Stati verrebbero indeboliti e le istituzioni, la vera essenza della democrazia, sarebbero in pericolo'' come ha affermato ieri il premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa.
Ma perché mai le istituzioni democratiche dovrebbero necessariamente fondarsi sul segreto? Per quanto democratici, gli stati nazionali sembrano giustificare in ultima istanza il loro operato con la massima “il fine giustifica i mezzi”. Gandhi ha rovesciato Machiavelli affermando che un fine buono può essere raggiunto soltanto con mezzi buoni. Qual è la posizione più giusta e razionale?
Direttamente o indirettamente, il potere sacrifica risorse e vite per (presuntivamente) salvarne altre, e questo accade spesso nel più perfetto segreto. Siamo proprio sicuri che se i cittadini di uno stato venissero consultati sulla necessità di compiere azioni questi darebbero sempre il loro assenso? E siamo davvero convinti che senza violenza e segretezza la vita associata delle persone sarebbe impossibile?
Ignoriamo le risposte, ma Julian Assange e WikiLeaks ci hanno ricordato che queste domande sono ancora possibili. E questo ha molto a che fare con la libertà.

COMPLETA ANCHE TU LE PARTI IN GIALLO DELLA BIOGRAFIA DI ACOTTO, riassunta in 25 tappe fondamentali (giochino Facebook, 2009).

Regole: Una volta taggati, dovete scrivere a vostra volta una nota con 25 cose su di voi; fatti, abitudini, obiettivi raggiunti. Alla fine, scegliete e taggate 25 persone a cui inviarla. Dovete taggare anche la persona che ve l'ha inviata, se l'ha fatto è perché si voleva fa' un po' di fattacci vostri (licenza poetica di qualcuno che ha fatto questo gioco prima di me).

2.     I miei genitori si sono separati quando avevo 6 anni, o meglio: quando avevo sei anni mia madre ha lasciato mio padre che non si è mai rifatto una vita e anzi se l'è disfatta.
3.     I miei nonni erano contadini: democristiano salentino lui, bigotta piemontese lei
4.     Ho iniziato a suonare il pianoforte a 8 anni, perché la mia fidanzatina Emi andava a lezione. Ora studio composizione con Giulio Castagnoli che è un genio.
5.     Sono cresciuto a Cherasco, un paesino di campagna in provincia di Cuneo, assurdamente carico di storia (3000 abitanti e 33 chiese, mi par di ricordare, nonché palazzi nobiliari e residenze dei Savoia). Da bambino, quindi, giocavo nei campi, mi arrampicavo sugli alberi e andavo nei fossi, cosa che a pensarci adesso mi sembra improbabile.
6.     Quando mia madre ha lasciato mio padre lei ed io siamo andati ad abitare a Bra, vicino a Cherasco, però dividevo la mia vita tra Bra e Cherasco: una settimana con papà e una settimana con mamma. Verso i vent'anni iniziai a pensare di far causa ai miei genitori perché non avevano rispettato la sentenza del giudice che mi affidava a mio padre (mia madre non si era opposta ritenendola una pura formalità).
7.     Da bambino ero molto cattolico e parlavo con Dio/Gesù (non era mai ben chiaro, ma sapevo che Gesù era Dio). Odiavo il farisaismo dei cattolici cheraschesi. Il giorno dopo la cresima, a 14 anni, alla fine della terza media, mi resi istantaneamente conto che "parlare con Dio" era semplicemente parlare con me stesso: Dio era nella mia testa, la voce che pensavo di sentire era la mia voce. Così diventai ateo.
8.     liceo adolescenza
9.     Ghislieri
10.  Il filosofo che mi ha salvato la vita è stato Gilles Deleuze, che per alcuni anni mi ha impedito di impazzire, almeno finché non è morto mio padre. Prima di incontrare Deleuze, però, Derrida mi ha quasi fatto impazzire.
11.  Deleuze
12.  Roberto, mio padre, è morto il 23 febbraio 1997, all’età di cinquantacinque anni. Il giorno che mio padre è morto ho subito pensato che la sua anima era custodita nel mio corpo, l’avevo in qualche modo ereditata. Avevo pensato la stessa cosa quando era morto Deleuze, ma allora mi ero detto che doveva trattarsi solo di un frammento e non dell’anima intera.
13.  Ho abitato tre anni a Parigi per studiare dapprima filosofia con Badiou, poi letteratura italiana alla Sorbona per diventare prof di italiano in Francia. Ho lasciato Parigi il primo agosto 2000, la casa in rue du Fer à Moulin, con un po’ di ansia ma senza un solo rimpianto: sapevo che dovevo tornare in Italia, che Parigi era solo una pausa.
14.  Il G8
15.  Francesca, l’anarchismo la nonviolenza
16.  Nel 2004 ho avuto una crisi di ipocondria fortissima che mi ha portato a credere di avere diverse e inesistenti allergie alimentari. Credendo di essere celiaco smisi di mangiare farinacei e mi provocai uno shock alimentare. Un sabato notte mi svegliai con batticuore fortissimo e pulsazioni nello stomaco come se stessi per morire o un Alien mi uscisse da dentro. Il giorno dopo, convalescente a letto (su Rete4 rividi I tre giorni del condor) pensavo che se fossi morto allora la mia vita non avrebbe avuto alcun senso e sentii che se non fossi morto avrei dovuto recuperare il senso profondo della mia vita. Banalmente ripensai il mio rapporto con la religione, ma essendo ateo (punto 5) valutai il valore metaforico del concetto di Dio, ritenendolo un semplice nome per la natura profonda dell’essere. Decisi di frequentare il tempio valdese, per conoscere un cristianesimo non cattolico. Mi piacque molto, cantavo gli inni con una certa convinzione e i discorsi del bravissimo pastore Giuseppe Platone mi piacevano. Ma ogni volta che nominava Dio dovevo provare a sostituirlo con qualcos’altro. Era faticoso
17.  Dopo quindici giorni cascai sui libri del Dalai Lama e iniziai a leggerli con interesse. Colsi subito la possibilità di diventare buddista: trovavo una filosofia religiosa compatibile col mio modo di pensare. Dopo un mesetto di infarinatura buddista scoprii Thich Nhat Hanh, di cui il mio amico Emanuele Basile era allievo e amico. La scoperta del “buddismo impegnato”, una forma vietnamita di zen, più calda e umana dello zen giapponese, mi illuminò definitivamente la mente riguardo alla natura degli esseri e alla loro vacuità e interdipendenza.
18.  Dopo essere andato a un concerto di Debora Petrina che cantava e suonava i Radiohead a Fontanetto Po ho avuto l’intuizione che si potesse fare Narradiohead. Che poi si è fatto ed è stato il mio primo passo nell’editoria. E anche l'ultimo, probabilmente.
19.  Dopo il suo suicidio, DFW è diventato il mio scrittore preferito, esattamente come Deleuze era diventato il mo filosofo preferito dopo il suo suicidio.
20.  Aspetto un figlio che dovrebbe nascere il 4 maggio, quindi del segno del Toro come me: questo semplice fatto chiude la mia vita fin qui e ne apre una nuova che penso sarà molto più profonda.
21.  Il primo ottobre 2008 ho vinto il concorso di dottorato in scienze cognitive, che mi ha permesso di andare in congedo dall’insegnamento per 4 anni. Sembra un miracolo.
22.  Per preparami alla venuta del figlio Agostino il 5 gennaio 2009 ho smesso radicalmente di bere alcol e mangiare carne.
23.  Sto preparando un libro insieme ad Aldo Nove che è sempre stato il mio mito fin dall’inizio. Questo è molto bello.

AGGIORNAMENTI 2010

24.  Mio figlio Agostino è nato l'11 maggio 2009 ed è il mio centro vitale, la mia stessa vita nuova. Non ho fatto nessun libro con Aldo Nove., purtroppo (ma lui ha scritto un capolavoro, La vita oscena). Ho ripreso a bere alcol e mangiare carne.
25.  Ho iniziato a scrivere piccoli post per Vogue.it, il che mi diverte molto e dà una direzione ai miei pensieri extralavorativi vaganti.