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venerdì 22 aprile 2011

Diario della presenza mentale, 5: l'assenza mentale

C'è poco da fare, quando non parte non parte. La presenza mentale non mi si accende a comando. Ecco perché tendo a sovrapporle il concetto cristiano di grazia, o quello postmoderno di Evento.
Da alcuni giorni sono assente, un automa, un robot, una vittima della pianificazione del mio tempo fatta dalla società e dalle incombenze famigliari festive. Dato che vorrei essere lontano mille miglia mi sveglio già incazzato, anche se non ne sono perfettamente consapevole, mi pare che tutto il mio tempo sia rubato via dagli altri, non riesco a fare niente, non riesco a leggere, a pensare, a scrivere.
Non riesco nemmeno a fare presenza mentale.
So che la possibilità è lì ma non riesco a innescare il dispositivo: ci provo per un frammento di istante ma poi non funziona e mollo subito.
A parlarne mi torna il respiro giusto per un secondo, poi non so se funzionerà.

No, poi non funziona, mi disperdo a pensare le connessioni tra post e vecchi testi.

***

In questi frangenti ho l'impressione che per fare meditazione ci vorrebbe la libertà assoluta, quella dei mistici e degli asceti. Tutti gli altri sono condannati alla dispersione della mente, e a quello stato inautentico di esistenza che lo stupido Heidegger chiamava chiacchiera curiosità ed equivoco. So che non è così, ma quando non mi sento in armonia, come diceva più o meno il poeta, mi incazzo con me stesso e con tutti.

***

Ora che mi ricordo, però, qualche giorno fa ho avuto l'insonnia: è da allora che la presenza mentale è svanita.
Tra pochi giorni forse dovrebbe tornare tutto normale, purché nel frattempo io non mi arrotoli sempre più nella psicofisica della passioni tristi.
Sto veleggiando verso un umore depressivo...