E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

giovedì 14 ottobre 2010

Narradiohead. MISSIONE IMPASSIBILE (Paranoid Android)

[pubblicato in Narradiohead. Storie e visioni rock, Baldini Castoldi Dalai]


Secondo l’angelologia talmudica e kabbalistica, Dio gode di un’ininterrotta creazione di angeli che si dissolvono davanti a Lui nel momento stesso in cui Egli li nomina, cioè li crea. Questo potere è dato anche all’uomo, ma una volta soltanto e a una condizione: quando egli pronunci ad alta voce il nome segreto impostogli alla nascita dai genitori e rivelatogli all’ingresso nell’età puberale, nome che corrisponde alla sua identità più profonda e al suo angelo protettore: allora l’angelo-nome esce da lui, e perdendo la propria forma si insedia nelle cose che quell’uomo ha amato e tenuto a lungo con sé, rendendole, ai suoi occhi, trasparenti. (Diego Mari)

Appena toccata Terra mi son sentita male. L’atmosfera era brutta, molto opprimente ma in senso non fisico, che a quello ci ero abituata (da noi si sta compressi come in un solido sfero senza porte o finestre). Il fatto è che sulla Terra ho percepito subito vibrazioni negative, indecifrabili semanticamente ma molto nette nel loro colore affettivo. Un senso di morte profondo e diffuso. Certo un segno dei tempi. Anche se lui mi aveva avvertita, non mi aspettavo una cosa simile.

Prima di partire ho ricevuto attentamente le sue istruzioni: avrei incontrato sentimenti nocivi, pericolosi, non mi avrebbero accolta bene... Non esagerava affatto, il mio arrivo sulla Terra è stato un brutto episodio. Avrei voluto piangere, ma le mie lacrime non sarebbero state apprezzate da nessuno: ho rinunciato, e la rinuncia era già il mio primo segmento di giudizio.
Ho pensato che se al posto mio lui avesse inviato un essere fragile, magari un alato luminoso e azzurrino, quello sì che si sarebbe trovato in difficoltà, una forte e calma come me, invece, era al suo posto. Perfettamente al mio posto.
Ho nascosto l'ontonave in una bella foresta e ho comandato a Gog di montare immobile guardia. Mi sono incamminata verso le Città, avvolgendomi nel più sfavillante bagliore ultraterreno che mi fosse concesso secondo le leggi di natura (l'ordine era di non infrangerle, la missione, di semplice categoria א, non lo richiedeva).
I radar mi hanno presto rilevata e le truppe d'assalto si sono fatte avanti a sbarrarmi il cammino verso le Città. Ho inviato il messaggio universale di pace con la richiesta di conferire con il Re della Terra sulle sorti dell'Umanità. Il Re non s'è visto e sono invece arrivati i giornalisti e gli scienziati: io ho iniziato a fornire le spiegazioni utili, con gentilezza.
Ho incontrato alcuni ministri, ho illustrato il motivo della mia missione e delle prospettive future, che cosa pensavate di fare riguardo a lui , la questione dei suoi autentici amici e nemici, l'inquinamento, la guerra, la pace, l’etica universale e tutto il resto. Fino a un certo punto si parlava con fervore, si discuteva animatamente. Ci furono conferenze e teletrasmissioni in tutto il mondo.
Spiegai chiaramente la situazione: non c’era tempo da perdere, dovevate darvi molto da fare perché avevate imboccato con tracotanza la direzione sbagliata. Non potevate immaginarvi di agire per il vostro godimento senza mai patirne le conseguenze: sarebbe stato troppo comodo, e del resto nessuno ve l’aveva mai lasciato credere. Io ero venuta per ricordarvelo.
Fino a un certo punto, dunque, sembrava che ci si capisse, si dialogava civilmente anche se su piani troppo diversi. Devo dire la verità: non ho mai avuto alcuna fiducia nel limitatissimo apparato cognitivo dei terrestri; lui però mi aveva ordinato di provarci e io ci ho provato.
Improvvisamente le cose hanno iniziato ad andare storte: ignoro per quale ragione il Re della Terra abbia deciso di mostrare i muscoli. Forse per superficialità, o per assecondare il timore dei sudditi, proprio non lo so (ma un po' me l'aspettavo).
Fatto sta che sono arrivati i militari e mi hanno dichiarata in arresto. Mi hanno portata in quella fortezza, rinchiusa in una prigione grigia. Certo, avrei potuto bloccarli subito. Invece li ho lasciati fare, volevo vedere fino a che punto avrebbero errato. Dopo avermi tolto i miei abiti trasparenti strappandoli con violenza, mi hanno rivestita con un abito lungo e mi hanno imposto un velo che mi copriva tutto il corpo, testa inclusa.
Percepivo il loro odio, gli brillava negli occhi, sembrava che mi concupissero e mentre mi svestivano mi toccavano, mi premevano, mi sfregavano e pizzicavano. Hanno iniziato ad armeggiarmi là sotto, un sacco di mani tutte assieme, poi con strumenti metallici hanno afferrato la mia apertura inferiore anteriore, hanno tagliato e cucito fino a sigillare tutto, mentre io urlavo. Non era vero dolore, per fortuna: i nooni memorizzati mi dicevano che a quel loro comportamento brutale un essere meno impalpabile di me avrebbe provato strazio (un alato azzurrino avrebbe pianto lacrimoni).
Così mi sono adeguata allo stereotipo, faceva parte dello schema della mia missione: non manifestarsi in maniera troppo patente per non falsare le condizioni delle loro reazioni. Urlavo e piangevo e loro ridevano. Credo che lo ritenessero un comportamento normale da applicarsi ai prigionieri. Mentre mi torturavano hanno anche scattato – sorridenti – molte fotografie, non so proprio a chi volessero mostrarle.
Se io fossi il Re voi sareste i primi a finire al muro!

Finora li ho lasciati ridere sguaiati mentre mi violentavano, non sanno che non ho ancora deciso che cosa farò di loro. Il bello è questo: sarò io a dover scegliere!
Alle volte lui ti fa fare delle missioni bellissime!
Dopo le torture mi hanno sbattuta in questa cella. È un posto molto rumoroso, non lo sopporto. Per favore potreste smetterla con questo frastuono? Vorrei riposarmi un po’, ma questi rumori sono disgustosi... Suppongo che lo facciano appositamente per turbarmi: mandano suoni nella mia testa per cercare di ottenere informazioni, che ovviamente non darò mai.
Vogliono sapere di lui . Pfui! Come possono insistere nel loro grave errare? Credono forse che la violenza abbia qualche potere sul suo potere?
Il rumore in questa cella non cessa mai, sembra una sinfonia elettronica per soffitta, urla di volatili mai nati, come se li tritassero vivi da fargli schizzare sibili e strida.
Che cos’è?
A un tratto la mia mente si è proiettata nel tempo eterno e anziché trovare la quiete cui sono abituata mi sono sentita inquieta. Per la prima volta mi è venuta paura che mi uccidano e che lui li lasci fare per i suoi disegni, mi è venuto l'orrore al pensiero che quegli uomini possano entrare in cella, afferrarmi e lacerarmi le suture che mi hanno inflitto.
Immagino il dolore che causerebbe a un essere diverso... ma se quell’essere fossi io? Se lui mi lasciasse cadere all’improvviso dalla sua mente, proverei quel dolore come qualsiasi creatura incarnata… E se – e lo dico incredulissima mentre la mente ne rappresenta nel linguaggio del mio pensiero – se io morissi? «Io, morta!»: mi sembra impossibile che queste parole possano anche solo per ipotesi riferirsi a me. Eppure mi è venuta paura... Morire annientata dalla loro idiozia... Anche se accadesse per il suo disegno, questo mi parrebbe ugualmente insopportabile.
Ma cos’è questo rumore? Sembra che vogliano confondermi, nenache avessi un cervello intelligibile per quegli stolidi assassini. Misere creature moribonde, il loro senso sta per esaurirsi!
Posso anche essere paranoide ma non sono un androide. Se sperano che angosciandomi io mostri loro i miei ingranaggi logici rimarranno delusi. Mi ha creata lui , sono figlia della sua volontà, di cui sono esecutrice fedele. So che la mia tristezza è dovuta alla scelta che lui ha liberamente fatto tra le infinite possibili. Posso essere paranoide ma questo non fa di me un androide. Per accorgersi della differenza non avrebbero che da trovare l'ontonave e risvegliare Gog che monta la guardia.
Gog si limiterebbe a farli a pezzi. Io non mi limito, mi espando.

Da quanto sono qui? Ho tutto il tempo che voglio, è vero, ma in questo istante mi è parso di percepire un segno, come se lui avesse deciso di darmi il via, affinché io non pensi più che tutta la responsabilità ricada sulle mie spalle. Ho intravisto una pioggia di sogno che mi comunicava qualcosa: mi significava la sua volontà di assecondare il mio giudizio esecutivo. Accolgo benedicente il suo messaggio e passo all’azione.
Stabilisco il mio criterio e subito lo attuo. Faccio implodere la testa della guardia dopo avergli chiesto per sfizio se crede in lui . (La sua risposta fu incompleta: sei una pazza putt...). Attraversando lo spaziotempo mi dirigo alla Reggia Bianca: prima di decidere definitivamente voglio conferire con il Re della Terra. Entro nella sala ovale attraversando la parete: che faccia ha fatto il Re, non se lo aspettava! È spaventato a morte, poi però, vedendo che gli parlo con la calma insita nella mia dignitas, l'ometto tenta di assumere un atteggiamento regale.
Gli riferisco che non è il caso. Dovrei operare subito, ma come previsto dal mio criterio gli concedo una chance: se pronunciasse il mio nome...
In quella entra la Regina e vedendo il Re alle prese con un'enorme donna nera nuda – non so, avrei forse dovuto tenermi il velo impostomi in cella? – la stupida prorompe in isterismi. Proprio un bello spettacolo: una troia in ghingheri griffati che dà in escandescenze! Il Re vuole spiegarle qualcosa, forse nella sua testolina si è fatto avanti – che so! – un pensierino vero! Ma è troppo tardi.
Perché io ho visto quello che c’è dentro le teste marce del Re maiale e della sua scrofa, ho odorato la tenebra delle loro menti malate e possedute dal demonio (buona questa).
La mente del Re e della Regina sono abitate da tenebra, panico e vomito: come potevano governare la Terra quei padroncini mafiosi, tutto quel potere concentrato nelle loro luride manine? Tenebra, panico e vomito nelle loro teste nient'altro.
Ho scelto l’annullamento lento atroce, perché capissero quello che doveva succedergli, perché almeno una volta quei maledetti capissero qualcosa.
Vi grazierò, ho pensato, vi toglierò da questo inferno, ho pensato, vi priverò del vostro essere che vi disgusta nel profondo. Vi fa schifo vivere, è giusto, avete scelto voi così.
Tu Regina dei miei coglioni, la testa piena di ambizioni che ti stravolgono tutta e ti rendono brutta – lo sai? – scalcia pure e strilla, sì, strilla per bene piccolo maiale vestito di Gucci.
Non ricordi il mio nome? Non ti ricordi il mio nome? Perché non te lo ricordi? Adieu, e la dissolvo in nulla.
Poi mi occupo del Re. Nemmeno tu ricordi il mio nome? Scommetto che in realtà lo ricorda…
Inizio a fargli abbandonare il suo corpaccio puzzolente. Fuori da quella testa, uomo. Non serve urlare, Sire, te ne stai andando, abbandoni il crepitìo della tua pelle di maiale, la polvere e le urla, gli yuppies che ti osannavano on-line... The end per la tua merda.
Già che ci sono annullo anche la Reggia Bianca, solo per coreografia: mentre si squaglia e cola in plastici filamenti fosforescenti, compaiono sulla scena i soldati che iniziano a sparare. Volo a mezz’aria per dar loro un po’ di importanza, sento qualche proiettile fischiarmi intorno ai capelli blerdi, ma ovviamente sono più veloce di tutte le pallottole della Terra.

L’ontonave è nascosta nella bella foresta. Gog si è risvegliato sentendo avvicinarsi la mia Essenza: ha avviato i motori, acceso le luci e preparato gli annullatori.
L'androide non percepisce emozioni, quindi sono senz'altro io che proietto le mie sulla sua figura metallica: non è vero che un ghigno gli illumina il volto.
Prima della fine però accade la deliziosa meraviglia, la cosa più bella in Terra: piove, piove dalla grande altezza!
Prima della missione, l'avevo nooviosionata insieme a tutto il resto, per molti istanti eterni: mi incantava...
Piove dall’altezza! Assaporo la pioggia, ne bevo le gocce, picchietta il mio corpo, percuote la pelle e mi fa assaporare il suo gentile tamburello. Tic tic tic, tic tic tic.
Piove su di me dalla grande altezza.

Luccicante di perline iridescenti sono entrata nell'ontonave e ho completato la missione. Ristorata dalla pioggia, ho direzionato gli annullatori per togliere di mezzo il piccolo peccato del mondo.
La Terra si è allontanata dalla visuale, azzurra come la rendeva la pioggia, sorgente degli oceani. Per il mio senso estetico mi sono ingegnata a spremere un’ultima pioggia terrestre: ho fatto in modo che il dissolvimento del pianeta avesse forma di gocce multicolori.
Poi sono tornata al vertice del cosmo. Da lui .
Aspettava, come sempre, più-che-tondo se avesse forma, ultraluminoso se fosse visibile.
Presso di lui il mio corpo si è ristorato delle offese terrestri.
Mi ha stretta forte e baciata sulla bocca.
Missione compiuta, mi ha fatto pensare il mio altissimo amore.
Poi ha pronunciato il mio nome dissolvendomi nell'eterno godimento.

Dio ama le sue creature, già!

…perché non ricordavano il mio nome? Scommetto che in realtà lo ricordavano... Quanti angeli sterminatori potevano conoscere oltre a me?