[Pubblicato su Vogue.it]
Il giovane filosofo Tommaso Ariemma si occupa di temi classici della filosofia contemporanea “continentale”: l’arte, il corpo, la nudità, l’animale. La recente pubblicazione di un suo libro sulla chirurgia estetica, Contro la falsa bellezza (Il Melangolo) ci offre l’occasione per porgli qualche domanda.
In alcune righe del suo ultimo romanzo, Houellebecq esalta la chirurgia estetica, in particolare quella per il seno, affermando che procrastina di forse dieci anni la fine della vita sessuale della coppia. Possiamo considerarlo un punto di vista iperbolicamente falso, ma l'elemento di verità non potrebbe consistere nel fatto che la chirurgia estetica non avrebbe per obiettivo la "bellezza" bensì l'attrattiva sessuale (come dominio esteso della lotta) nella società dello spettacolo?
No, credo che la questione resti quella della bellezza, o meglio della falsa bellezza (come preferisco chiamarla). Ciò che accade nella sessualità è solo un aspetto (sebbene importantissimo) dell’applicazione di tale falsità. La considerazione che emerge dal romanzo di Houellebecq è importante, perché fa vedere il modo in cui agisce la diffusione della chirurgia estetica: insidiandosi nella quotidianità del vissuto. Se non ti “rifai” (a quest’espressione chiave è dedicato un capitolo intero del mio libro), perdi: avvenenza, autostima, il posto di lavoro etc... Viviamo in un’epoca in cui la diffusione della chirurgia estetica esercita un vero e proprio “terrorismo della falsa bellezza”, ovvero del conformismo estetico.
Naturalmente il conformismo estetico di cui lei parla non è un fenomeno isolato ma fa parte della mentalità propria dell’uomo unidimensionale della società contemporanea. Concentrarsi sulla cura estetica e chirurgica del corpo fornisce una prospettiva critica privilegiata?
Più che di campo privilegiato, direi che si tratta innanzitutto del punto a partire dal quale ho scelto di porre questioni filosofiche. Le mie ricerche filosofiche precedenti si sono concentrate sui concetti di esposizione, nudità, singolarità. La diffusione della chirurgia estetica si è imposta a un certo punto come questione ineludibile. Questione che, nel campo dell’estetica filosofica, non è mai stata trattata in modo specifico. Il mio libro è il primo testo al mondo, per quanto ne sappia, di filosofia della chirurgia estetica. A partire dalla diffusione di quest’ultima, come tento di dimostrare, è possibile entrare nel merito di importanti questioni filosofiche sull’ordine e il caos, sul tutto e le parti, sulla percezione di sé e del mondo, sulle tendenze non solo estetiche, ma anche politiche della nostra cultura.
Lei considera la falsa bellezza come un fenomeno eminentemente culturale. Non crede però che vi sia un fondamento naturale della bellezza “vera” (penso a certi studi psicologici sulla perfezione delle proporzioni perfette che - al contrario di quanto si crede comunemente - non muterebbero nel corso della storia umana)?
L’unico fondamento naturale che accolgo è il pluralismo della bellezza. La bellezza può essere universale solo se resta irriducibile. Sembra una contraddizione, ma non lo è affatto. Se vincoliamo la bellezza a un preciso criterio, ci ritroviamo all’interno di una falsa bellezza, circoscritta, limitata, e dunque non più universale. Sostenere una bellezza unica, fondata naturalmente, è un po’ come sostenere un colore della pelle umana naturalmente superiore agli altri. Il pluralismo estetico è il vero fondamento.
Il giovane filosofo Tommaso Ariemma si occupa di temi classici della filosofia contemporanea “continentale”: l’arte, il corpo, la nudità, l’animale. La recente pubblicazione di un suo libro sulla chirurgia estetica, Contro la falsa bellezza (Il Melangolo) ci offre l’occasione per porgli qualche domanda.
In alcune righe del suo ultimo romanzo, Houellebecq esalta la chirurgia estetica, in particolare quella per il seno, affermando che procrastina di forse dieci anni la fine della vita sessuale della coppia. Possiamo considerarlo un punto di vista iperbolicamente falso, ma l'elemento di verità non potrebbe consistere nel fatto che la chirurgia estetica non avrebbe per obiettivo la "bellezza" bensì l'attrattiva sessuale (come dominio esteso della lotta) nella società dello spettacolo?
No, credo che la questione resti quella della bellezza, o meglio della falsa bellezza (come preferisco chiamarla). Ciò che accade nella sessualità è solo un aspetto (sebbene importantissimo) dell’applicazione di tale falsità. La considerazione che emerge dal romanzo di Houellebecq è importante, perché fa vedere il modo in cui agisce la diffusione della chirurgia estetica: insidiandosi nella quotidianità del vissuto. Se non ti “rifai” (a quest’espressione chiave è dedicato un capitolo intero del mio libro), perdi: avvenenza, autostima, il posto di lavoro etc... Viviamo in un’epoca in cui la diffusione della chirurgia estetica esercita un vero e proprio “terrorismo della falsa bellezza”, ovvero del conformismo estetico.
Naturalmente il conformismo estetico di cui lei parla non è un fenomeno isolato ma fa parte della mentalità propria dell’uomo unidimensionale della società contemporanea. Concentrarsi sulla cura estetica e chirurgica del corpo fornisce una prospettiva critica privilegiata?
Più che di campo privilegiato, direi che si tratta innanzitutto del punto a partire dal quale ho scelto di porre questioni filosofiche. Le mie ricerche filosofiche precedenti si sono concentrate sui concetti di esposizione, nudità, singolarità. La diffusione della chirurgia estetica si è imposta a un certo punto come questione ineludibile. Questione che, nel campo dell’estetica filosofica, non è mai stata trattata in modo specifico. Il mio libro è il primo testo al mondo, per quanto ne sappia, di filosofia della chirurgia estetica. A partire dalla diffusione di quest’ultima, come tento di dimostrare, è possibile entrare nel merito di importanti questioni filosofiche sull’ordine e il caos, sul tutto e le parti, sulla percezione di sé e del mondo, sulle tendenze non solo estetiche, ma anche politiche della nostra cultura.
Lei considera la falsa bellezza come un fenomeno eminentemente culturale. Non crede però che vi sia un fondamento naturale della bellezza “vera” (penso a certi studi psicologici sulla perfezione delle proporzioni perfette che - al contrario di quanto si crede comunemente - non muterebbero nel corso della storia umana)?
L’unico fondamento naturale che accolgo è il pluralismo della bellezza. La bellezza può essere universale solo se resta irriducibile. Sembra una contraddizione, ma non lo è affatto. Se vincoliamo la bellezza a un preciso criterio, ci ritroviamo all’interno di una falsa bellezza, circoscritta, limitata, e dunque non più universale. Sostenere una bellezza unica, fondata naturalmente, è un po’ come sostenere un colore della pelle umana naturalmente superiore agli altri. Il pluralismo estetico è il vero fondamento.