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giovedì 13 maggio 2010

È una vanità il volersi opporre alla moda. Hegel sulla moda (Vogue1)

Pubblicato su Vogue.it

Hegel ha ragionato filosoficamente sull’inessenzialità della moda:
"Il vestiario non è cosa che rientri in una determinazione razionale, ma è regolato soltanto dal bisogno, che si fa sentire da sé: nei paesi settentrionali ci si deve vestire altrimenti che nell’interno dell’Africa, e così di inverno non si può andare in giro con abili di cotonina. Tutto il resto è in balia del caso e dell’opinione, senza che vi abbia alcuna parte l’intelligenza […]. Il taglio del mio abito è fissato dalla moda, ed è cosa che spetta al sarto: non tocca a me d’inventar nulla a questo riguardo, e grazie a Dio hanno già inventato tutto gli altri. Questo dipendere dall’abitudine, dall’opinione, è pur sempre meglio che dipendere dalla natura. Quindi non conviene applicare l’intelligenza a cose siffatte; il contegno che si deve tenere verso di esse è la pura indifferenza, chè in realtà la cosa è di per sé indifferente. Tuttavia vi sono quelli che sanno rendersi singolari in questo campo, mirando con ciò ad attirare l’attenzione; ma è una vanità il volersi opporre alla moda" (Lezioni sulla Storia della Filosofia, Laterza, vol. II, p.147).
Hegel legittima la moda, ma le nega qualsiasi importanza essenziale. L’essere originali, per il filosofo, coincide con la singolarità eccentrica che si oppone ostentatamente alla moda.
Se la moda è vanità, la negazione della moda è vanità delle vanità.

Espettorazione superstite del litigio con Gilda Policastro

Il detentore della nota della discordia, Vladimir D'Amora, ha preferito - secondo me correttamente - spegnere la nota con il suo codazzo di nostri commenti vacui e "livorosi" (GP), ovverosia velenosi "lazzi e frizzi" (EA).
Per fortuna, o no, avevo scritto in word la mia prima replica più sostanziosa.
Eccola qui:

ehm, ehm, la trama si infittisce, come direbbe Snoopy, il mio critico preferito.
A parte che le mie contraddizioni non saranno mai macroscopiche come le tue, che neghi dignità di comprensione al popolo del social network (SN) e poi dedichi tempo per rispondergli puntualmente…
Lasciami espettorare ancora un poco, che mi sento la gola gonfia.
C'è del verissimo in quel che dici, e tuttavia c'è del falso.
Premetto che hai ragione, sono forse io il più frustrato qui dentro, tuttavia non è quello il motivo per il quale non mi piace trovar citati Deleuze & Guattari (che ho studiato per svariati anni) come se fossero un indicatore di cultura. Quella cultura (all’ingrosso la postmoderna) si fonda su un certo tipo di saccente ignoranza, in particolare su un atteggiamento ostile verso il realismo scientifico, col che si finisce a sostenere le stupidaggini di Vattimo & co. (Berlusconi ha vinto perché si è abbandonato il pensiero debole).

Ho anche lasciata aperta la possibilità di non avere compreso la tua poesia, e infatti rileggendola per l’ennesima volta decido che va letta come sospettavo, ossia CONTRO Deleuze & Guattari ecc.

Ma ora ti rispondo come ti stavo rispondendo prima di riorientare la mia lettura. In modo non organico e contraddittorio, perché nessuno deve darmi un voto.

Riguardo alla tua intolleranza del nostro amichevole scambio di lazzi e frizzi rivolti a un tuo testo: capisco che sia sgradevole ma se si scrive un testo ci si espone anche a questo, e siccome il testo interrogato non risponde, fa un po’ ridere che il suo autore corra poi in suo soccorso per rispondere in vece sua, come amorevole madre di un logos scritto, figlio orfano bastardo.

Mi pare più che altro che pecchi di incomprensione psicologica verso le dinamiche comunicative dei social networks. Dire che sia frustrato chi comunica qui, parlando di arte, o di politica, o di sesso o della tua poesia, è un atteggiamento che non spiega nulla: si è frustrati quando si parla leggermente di qualcosa con "amici"? Sono frustrati i critici che non scriveranno mai come gli autori criticati? Sono frustrati quelli che inventano eventi politici come il cosiddetto Popolo Viola? Sono frustrati quelli che su Facebook conoscono i loro scrittori preferiti? Erano frustrati i leghisti, ma ora governano.
La tua risposta ai nostri espettoramenti mi fa venire in mente la posizione dei musicologi che difendono il “principio della serialità atonale”, come lo chiami tu (meglio: serialismo integrale, estensione della dodecafonia, a sua volta superamento dell’atonalità): “il pubblico non apprezza? Deve imparare ad apprezzare, la mente umana è plasmabile e l’educazione può forgiare la mente…”
La mente come tabula rasa sottende una psicologia comportamentista secondo cui la reazione segue necessariamente allo stimolo: "se offri musica dodecafonica in pasto al pubblico di merda, quello si accultura e dodecafonizza, e alla fine i quartetti di Webern saranno apprezzati dal pubblico come un tempo quelli di Haydn e Mozart". MA NON E' VERO. Questa immagine della mente, in psicologia è da tempo superata grazie a studiosi seri come Chomsky (non simpatici filosofi zuzzurelloni come Deleuze e Guattari). Il comportamentismo associazionista non può spiegare l’apprendimento linguistico e culturale, e la mente ha le sue regole naturali che sono innanzitutto di tipo cognitivo, e solo secondariamente di tipo culturale.
Su questa psicologia retriva di tipo comportamentista si fonda implicitamente gran parte della cultura umanistica contemporanea, letteraria, artistica, sociologica e anche politica.
Ne sono arciconvinto ed ecco perché mi provoca sconforto trovare citati D&G e la musica seriale, luminosi esempi di un pensiero di sinistra errato impotente e sconfitto, come il marxismo, vetero- neo- e post-.

[ma ora ammetto di avere forse frainteso, forse la pensi anche tu in maniera simile, e connoti negativamente D&G]

Che ti interessi poco o punto sapere che c’è gente che viene a conoscere alcuni tuoi testi e interventi proprio grazie al SN, non fa alcuna differenza (ormai funziona così, non ci puoi fare niente) e semmai denota una tua posizione un po’ arroccata, come se “il mondo vero” della cultura fosse quello in cui vivi tu e tutti gli altri poveretti incapaci di pensiero organico coerente e lineare vivessero nel mondo della favola. In un’epoca in cui si legge poco e si capisce ancor meno, la tua è una posizione difficile da sostenere: se il SN fa circolare rappresentazioni collettive, bisogna fare i conti con queste rappresentazioni collettive.
Sul SN regna l’anarchia, dici tu, e io dico: evviva l’anarchia se l’alternativa è l’accademia così com’è stata finora, un’accademia che mi pare tu difenda col coltello tra i denti, senza accennare a spiegare perché dovrebbe essere cosa difendibile da tutti e non soltanto da chi ne ha fatto la propria ragione di vita (intellettuale).