Pubblicato su Vogue.it
Hegel ha ragionato filosoficamente sull’inessenzialità della moda:
"Il vestiario non è cosa che rientri in una determinazione razionale, ma è regolato soltanto dal bisogno, che si fa sentire da sé: nei paesi settentrionali ci si deve vestire altrimenti che nell’interno dell’Africa, e così di inverno non si può andare in giro con abili di cotonina. Tutto il resto è in balia del caso e dell’opinione, senza che vi abbia alcuna parte l’intelligenza […]. Il taglio del mio abito è fissato dalla moda, ed è cosa che spetta al sarto: non tocca a me d’inventar nulla a questo riguardo, e grazie a Dio hanno già inventato tutto gli altri. Questo dipendere dall’abitudine, dall’opinione, è pur sempre meglio che dipendere dalla natura. Quindi non conviene applicare l’intelligenza a cose siffatte; il contegno che si deve tenere verso di esse è la pura indifferenza, chè in realtà la cosa è di per sé indifferente. Tuttavia vi sono quelli che sanno rendersi singolari in questo campo, mirando con ciò ad attirare l’attenzione; ma è una vanità il volersi opporre alla moda" (Lezioni sulla Storia della Filosofia, Laterza, vol. II, p.147).
Hegel legittima la moda, ma le nega qualsiasi importanza essenziale. L’essere originali, per il filosofo, coincide con la singolarità eccentrica che si oppone ostentatamente alla moda.
Se la moda è vanità, la negazione della moda è vanità delle vanità.
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