Lui, con leggiadra spiritosaggine indiana disse qualcosa come: "sono contento che abbiate apprezzato l'accordatura del mio strumento, spero che vi piacerà anche il concerto" :-D
(L'aneddoto è talvolta citato, credo da Steven Pinker, per argomentare che il relativismo culturalista aveva all'epoca permeato le menti americane fino a far credere che la musica indiana potesse somigliare a qualcosa come un'esotica successione di suoni priva di logica musicale.
In realtà la musica indiana "contiene degli arricchimenti, che possono comportare anche 22 note nell'ottava, senza tuttavia privarsi delle 12 della nostra scala cromatica", A. Frova, Armonia celeste e dodecafonia, p.228, n.19).