Deleuze
è un filosofo della Differenza. Il concetto di differenza è al centro del sistema del suo intricatissimo pensiero. Deleuze pensa che la differenza sia “intensiva”, qualitativa anziché
quantitativa. La Differenza diventa un concetto metafisico che non
ha nulla a che vedere con il concetto logico di differenza (ma com'è possibile?) e si
collega alla nietzscheana “volontà di potenza”, consistente
nella valutazione di ogni ente secondo la prospettiva della sua
intrinseca quantità di energia. Il concetto di Differenza va analizzato insieme a quello di molteplicità. L’identità non è più il concetto
privilegiato della metafisica, così come avviene nella tradizione
filosofica da Platone fino a Hegel: nella
prospettiva di Deleuze ogni ente è paragonabile a una monade leibniziana
che anziché rapportarsi all’essere secondo le modalità della
rappresentazione “sintetizza” una quota di intensità o energia (da
intendersi metaforicamente, senza riferimento alla fisica) e questa energia è una molteplicità di possibilità. L’elemento qualitativo è
particolarmente presente nell’opposizione, di provenienza nietzscheana,
tra le “forze forti” e le “forze deboli”. Contro
la lettura volgare del pensiero gerarchico di Nietzsche, Deleuze fa
valere una ben diversa lettura: poiché
il prospettivismo nietzscheano annulla il concetto di sostanza
pensante, soggetto cartesiano, individuo, anche la realtà umana, come
quella naturale, risulta leggibile come campo di forze metafisiche
che si affrontano perennemente (visione tragica dell’essere,
eraclitea). Una forza è “forte” quando esprime appieno la propria
essenza, la propria potenzialità; è “debole” quando non giunge a
realizzare appieno la propria natura potenziale.