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venerdì 26 novembre 2010

Dialogo tra un pessimista anarchico e un marxista intelligente

Marxista: [...] Stiamo aprendo una prospettiva anarco-socialista, ovvero la ricomposizione della frattura della prima internazionale. In effetti i tempi sono maturi :-)

Anarchico: certo! E comunque era tutta colpa dei marxisti :-D

Marxista: Beh, alcuni marxisti hanno certo contribuito, eccome, sia nella teoria che soprattutto nella prassi. Ma non tutti.
A parte gli scherzi, penso proprio che molte delle ragioni che dividevano anarchici da socialisti siano state superate, a partire dalle condizioni di un'efficace auto-organizzazione dal basso favorita dalle nuove tecnologie di comunicazione per finire con il fatto che anche il movimento socialista ha presto atto dei problemi enormi che sorgono scorporando il tema delle libertà individuali dagli obiettivi
di giustizia sociale.

Anarchico: sì, ma soprattutto, anche i socialisti hanno capito che la scienza non è quella marxista...

Marxista: su questo sono pronto a confrontarmi, perché sia nelle scienze sociali che nelle scienze economiche il contributo dei marxisti è stato notevole e anche più dinamico di quel che si tende a
rappresentare.
Pensa a Oskar Lange, che ebbe il coraggio di criticare la teoria del valore marxiana rinnovando così la teoria economica marxista con innesti neoclassici, dimostrò matematicamente che il piano è uno strumento di allocazione migliore del mercato perché in grado di riprodurre gli effetti allocativi di quest'ultimo, ma anche di produrne di altri, a seconda degli obiettivi sociali desiderati. Ancora comprese che il piano è in grado di asservire il mercato ai proprio fini allocativi.
http://it.wikipedia.org/wiki/Oskar_Lange (meglio la versione inglese)
Oggi la sociologia mondiale riscopre le categorie gramsciane e marxiane e l'economia il dirigismo, che è un'economia di piano che si dichiara capitalista per non occuparsi troppo delle responsabilità sociali, trionfa ovunque e soprattutto è il modello della potenza in crescita, quella cinese. E per quanto fosse imperfetta, l'economia di piano sovietica, pur applicata alla cappero che peggio non si poteva perché continuamente violentata dalle cicliche purghe di esperti e dagli ukaze politici che pretendevano obiettivi deliranti, ha permesso ad un paese di secondo piano di diventare la seconda potenza economica e industriale del pianeta in pochi decenni. E da quando c'è stata la transizione al capitalismo, non c'è stato il tanto profetizzato decollo russo, ma un'agonia economica e demografica che ha obbligato la Russia a dipendere dalle esportazioni di materie prime come gas e petrolio, al pari della Nigeria o del Venezuela. Secondo me c'è ancora troppa pressione ideologica per riconoscere anche le virtù, oltre che i limiti, della pianificazione socialista o del socialismo di mercato.

Anarchico: ecco non nego che ci siano (stati) marxisti colti e intelligenti, quello che negherei è che il loro marxismo abbia dato qualche apporto decisivo al loro lavoro intellettuale. Ma queste sono questioni inutili.
Voi marxisti siete affascinati dallo sviluppo tecnologico, che vi pare un bene primario.
Prima la società, poi l'individuo. Io invece credo che una società che sacrifichi anche solo un individuo non abbia alcuna legittimità morale, figuriamoci politica.
Mi obietterai forse che la razionalità impone vincoli, ma anche l'etica è razionale, si tratta solo di decidere se riferirsi all'economia o all'etica (tanto per riprendere le categorie dello spirito crociane)
Io credo che il mito dello sviluppo economico sia tipicamente otto-novecentesco e ormai morto e sepolto, e che per impostare un nuovo modello di sviluppo basato sulla decrescita ("sviluppo sostenibile" mi sembra un concetto ipocrita) si debbano abbandonare un bel po' di convinzioni marxiste.
(Che l'URSS crescesse e la Russia putiniana no, da un punto di vista epistemologico non è UNA DIMOSTRAZIONE di niente, anche se sappiamo tutti che dopo il crollo del regime il capitalismo mafioso ha preso in mano tutto quanto)
Il marxismo dice molto sul sistema, ma nulla sull'individuo, che viene sempre trattato come astrazione idealizzata, il che all'occorrenza può giustificare le purghe (non che le giustifichi davvero, e non che io creda che nessuno pensi che le giustifichi; ma sembra essere un fatto che il bolscevico crede nella necessità di salvare la rivoluzione massacrando i rivoltosi di Kronstadt).
Un'altra cosa notevole, anche se solo fenomenologica, è questa: nel mondo nessun grande intellettuale si riferisce più al marxismo se non, com'è giusto, come a una delle tante dottrine da cui si può prelevare qualcosa di buono senza tentare di salvarne la sacra coerenza.

Io direi così: se la tua scienza è buona, la praticherai con successo senza sentire il bisogno di magnificarne a tutti le grandi virtù. Ma se la tua scienza non produce buoni risultati (e mi pare proprio il caso del marxismo) allora non esitare a cercare altre scienze più produttive.
E bada che questo discorso non va confuso con il perserverare nella difesa dei propri ideali: quelli vanno difesi SEMPRE, a prescindere dal successo o dall'insuccesso empirico ottenuto nel difenderli.
Ma etica e scienza stanno su piani separati

[cfr. anche Dialogo tra un sordo marxista platonico, e un sordo anarchico pseudocognitivista]