Che cosa sia il pensiero in generale, e quello filosofico in particolare, è una questione che è venuta articolandosi nel corso della storia del pensiero filosofico, e del pensiero in generale.
Dando per acquisito che il pensiero umano ha una struttura parzialmente logico-linguistica, possiamo dire che noi compiamo innumerevoli inferenze quotidiane, immediate o meno: si potrebbe dunque definire "filosofare" il tentativo di selezionare e indirizzare le proprie inferenze quotidiane.
Si noti: questa definizione lascia completamente sospesa la questione della verità, cui le inferenze filosofiche potrebbero essere pensate dover essere necessariamente indirizzate.
PS: una volta, alla mia domanda se il pensiero filosofico non dovesse essere SEMPRE inteso alla verità, Maurizio Ferraris mi rispose che no: diversamente la filosofia si chiamerebbe qualcosa come "alethologia".
Questa risposta giustifica, a mio avviso, tutto il mio amore per Maurizio, ma anche tutto il mio fastidio nei suoi confronti.
E’ tutta,
In ogni umano stato, ozio la vita,
Se quell’oprar, quel procurar che a degno
Obbietto non intende, o che all’intento
Giunger mai non potria, ben si conviene
Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)
sabato 11 aprile 2020
Philodemic, 2: tipi di filosofi.
Nell'emergenza epidemica i filosofi e le filosofe sono chiaramente in crisi, ma reagiscono in modo diverso.
Ci sono quell* che si lanciano sulle macrointerpretazioni dell'Evento, ovviamente in modo da confermare le loro precedenti letture della realtà: Agamben e Zizek esemplificano bene questa prima possibilità, ma anche Maurizio Ferraris.
Ci sono poi quell* che si occupavano di questioni particolari su cui si costruisce una carriera, nel mondo iperspecialistico dell'accademia contemporanea: se si occupavano di genere e sesso ora proveranno a dire qualcosa su genere e sesso durante l'epidemia, ecc.
Io, se fossi un filosofo, vorrei seguire una terza via: provare a pensare quello che (mi) sta succedendo senza dare per scontate teorie pre-pensate.
Sarebbe chiaramente una via più singolare e narrativa, che forse non porterebbe a nulla di interessante sul piano filosofico.
Ma in filosofia continuo a preferire nessuna verità che delle false verità.
Ci sono quell* che si lanciano sulle macrointerpretazioni dell'Evento, ovviamente in modo da confermare le loro precedenti letture della realtà: Agamben e Zizek esemplificano bene questa prima possibilità, ma anche Maurizio Ferraris.
Ci sono poi quell* che si occupavano di questioni particolari su cui si costruisce una carriera, nel mondo iperspecialistico dell'accademia contemporanea: se si occupavano di genere e sesso ora proveranno a dire qualcosa su genere e sesso durante l'epidemia, ecc.
Io, se fossi un filosofo, vorrei seguire una terza via: provare a pensare quello che (mi) sta succedendo senza dare per scontate teorie pre-pensate.
Sarebbe chiaramente una via più singolare e narrativa, che forse non porterebbe a nulla di interessante sul piano filosofico.
Ma in filosofia continuo a preferire nessuna verità che delle false verità.
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