E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

domenica 26 agosto 2012

L'educazione esistenziale dell'intellettuale squattrinato (intervista inedita e troppo personale a Gianluigi Ricuperati )

Lo scrittore e giornalista Gianluigi Ricuperati esordisce con un romanzo molto bello e toccante (Il mio impero è nell'aria, Minimum Fax), nel quale visita alcune possibilità contemporanee di inautenticità esistenziale e dolorosa. Il denaro, e l'ansia di disporne prendendolo a prestito, è uno dei motori narrativi delle vicende di Vic Gamalero (alter-ego virtuale dello scrittore?). Ma il rapporto con i genitori e l'amore ricevuto e dato, con una faticosa presa di coscienza, sono la vera chiave per comprendere questo libro, che merita letteralmente la definizione che il filosofo Gilles Deleuze dava di un'opera d'arte: blocco di sensazioni.

Vic Gamalero è un intellettuale - anche se tu non lo presenti come tale (diciamo che camuffi un po' il suo status sociale). Mi domando se la sua formazione incompleta e fluttuante, che lo porta a occuparsi di cose di cui non sa nulla pur essendone attratto, come l’architettura, sia un’implicita critica a un tipo di intellettuale odierno (quello postmoderno) oppure se tu abbia piuttosto voluto fotografare un tipo umano particolare, affetto da una debolezza di volontà slegata dal contesto storico.
La tua impressione è corretta. Vic Gamalero è un intellettuale, ma un intellettuale marginale dell'era hyper-finanziaria, con un cumulo di conoscenze e strumenti assai superiore a quelli richiestigli. È un intellettuale sottoutilizzato, come molti altri - in questo è una rappresentazione realistica, il romanzo, per nulla metaforica, a mio parere. Non sono d'accordo invece con la tua definizione di 'debolezza di volontà' riguardo alle azioni e ai pensieri di Vic. Mi pare invece l'esatto opposto: a intrappolarlo è un eccesso di volontà, con una totale assenza di strategia. Cos'è un intellettuale, se non un agente deputato alla produzione di conoscenza? Ecco, in questo senso Vic è capace di produrre conoscenza, pur nella sua volatilità e superficialità, tocca forse delle corde nascoste e abbastanza profonde all'interno dei 'sistemi' in cui s'infila più o meno lecitamente: l'architettura, la pubblicità, il recupero crediti, l'élite economica. Dice cose ‘vere’ - come direbbe Franca D'Agostini - rispetto al suo sfregamento con questi 'mondi', e anche rispetto a questi mondi in se stessi. Il punto è un altro. È che Vic, pur essendo a tutti gli effetti un agente della produzione di conoscenza, non si accontenta della conoscenza: vuole produrre realtà. Vuole influenzare i processi che accadono nella cosiddetta realtà: vuole influenzare gli altri, che sono parte consistente della 'realtà'. Per rovesciare il famoso motto coniato a mo' di titolo dal grande Tommaso Landolfi - uno degli eroi citati e nascosti di questo personaggio, con la sua languida attrazione per il nulla e per la creazione e la distruzione di valori, economici e sentimentali - 'cosa importa / se non la realtà'?

Nonostante si muova in un ambiente normalmente politico (c’è il cattolicesimo borghese dei genitori; viene anche evocatala figura di un giudice che combatte la mafia), Vic è un personaggio impolitico. Per esempio, abbandona l’Opus Dei nel giorno stesso della beatificazione di Escrivà de Balaguer; ci si potrebbe attendere un giudizio sul personaggio beatificato (notoriamente simpatizzante per il nazionalsocialismo), invece sembra quasi che Vic prenda le distanze dall'Opus Dei in virtù dell'ascolto del mitico disco dei Velvet Underground. Il tuo è cinismo verso la politica?
Impolitico è una definizione interessante. Considerazioni di un impolitico di Mann è uno dei miei libri prediletti e la sua posizione rispetto alle turbolenze ideologiche del 900 è per me un modello di relazione corretta (e impermeabile alle mode) di relazione fra un letterato e la politica. Come cittadino ho opinioni contraddittorie e screziate, pur all'interno di una generale adesione a ciò che potremmo chiamare liberalismo di sinistra: provo simpatia per Vendola, che ho conosciuto recentemente, ma ritengo che l'Italia abbia bisogno disperato di un nuovo Prodi. Generalmente giudico un politico verificando la sua attitudine verso la letteratura, perché in un mondo che emargina sempre di più il sapere letterario, sostenerlo e amarlo è per me prova di coriacea appartenenza al meglio del passato e coraggiosa diffidenza nei confronti di un futuro che sembrerebbe poco incline ai polverosi abissi gratuiti che allignano al fondo di ogni educazione letteraria. Io detesto gli scrittori che emettono giudizi semplicistici per bocca dei loro personaggi. Vic è indifferente alla beatificazione di Jose Maria Escrivà perché è rapito dalla testa ai piedi: completamente avvinto dalla scoperta di un meraviglioso disco che fa parte per me della storia della letteratura e dell'arte contemporanea non meno che della musica rock. La beatificazione è per lui un rito fatto da adulti morti. I Velvet e il loro mondo sono un rito fatto da giovani immortali.

Il bisogno di denaro di una persona “irregolare” ma di estrazione benestante è uno dei motori narrativi del tuo romanzo e ha una fortissima valenza emotiva e affettiva. A un certo punto però raffiguri in maniera grottesca un ricco miliardario che si priva di tutti i suoi soldi per motivi etici (un po’ come fece il filosofo Ludwig Wittgenstein). Non hai dato un’immagine troppo sbrigativa e ingenerosa di chi col denaro ha (o cerca di avere) un rapporto non egoistico?
Non credo. Anzi. È una storia vera, quella del miliardario, che ho di peso trasferito nella realtà romanzesca; occupa un momento importante del libro, e non contiene commenti del narratore, che in un romanzo trainato dal continuo commentare del narratore è un segno di appartenenza a uno status speciale: è un'isola di fuga da alcune dinamiche psicotiche dominanti nella narrazione, ma lasciata così, come una porta che si potrebbe aprire, o forse l'incipit di un romanzo futuro. Il fatto che il miliardario, privandosi del proprio capitale progressivamente e radicalmente, finisca col compiere alcune gesta obbiettivamente grottesche (come cercare di farsi espiantare il fegato in un disperato bisogno di ‘donare’ anche parti del corpo) certamente fa acquisire un punto alla squadra di coloro che ritengono l'istinto alla proprietà e al difenderla un tratto 'naturale’ e non troppo modificabile culturalmente (cioè eticamente). Non ti dirò come la penso, anche se è facile intuirlo. Però ti dirò questo: nella mia vita, personale intendo, ho sperimentato e sperimento delle pulsioni verso la generosità che trovo talvolta inquietanti: cioè mi appaiono come inversioni della natura, sebbene possiedano l'indubbia qualità di farmi stare molto bene. È come dire: non essere egoisti con la proprietà e con le proprie cose (materiali e immateriali) rende un po' più felici e un po' più strani, irregolari rispetto al decorso umano.

Ti ho sentito dichiarare che il tuo potrebbe essere il primo “personaggio post-berlusconiano” della letteratura italiana contemporanea. Ma per configurare alternative antropologiche al berlusconismo imperante non ci vorrebbe un personaggio un po’ più engagé di Vic, che rispetto all'Italia contemporanea appare comunque come un outsider (e anche piuttosto simpatico)?
I personaggi engagé producono talvolta letteratura che non suscita interesse, almeno in me. Io credo che la svolta antropologica non dipenderà dalla letteratura o dal cinema, ma da un complesso, troppo complesso coincidere di effetti e conseguenze – un incrocio fra un crollo e una prova d'orchestra. I personaggi che m'interessano di più sono i faccendieri, figuriamoci se può funzionare l'engagement di un faccendiere...

A differenza di Vic tu non sei certo un intellettuale disorientato e in crisi con la realtà: Vic rappresenta un destino che hai pensato possibile per te?
Sono disorientato, ma non in crisi con la realtà. Mi piace maneggiarla, affrontarla, influenzarla per come posso. Il destino di Vic è esattamente l'opposto, e spero con ogni vivacità d'animo che non sia il mio.

Mi pare che il tuo romanzo si presterebbe molto bene a una versione cinematografica: ci sono progetti in questo senso?

Sarebbe cosa buona e giusta. Ci sono contatti ma per ora non posso dire nulla.