E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

martedì 24 gennaio 2012

Raul Montanari, finale di L'uomo che aveva paura di morire (How to disappear completely, Narradiohead)



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Un giorno si svegliò a un’ora del mattino presto e si sentì felice. Non era un sentimento comune, per lui.
Non aprì nemmeno gli occhi. Aveva le labbra secche e faticava a deglutire, ma non ci fece caso. Ripensò a quello che aveva fatto. Ci ripensò addentrandosi con prudenza fra i ricordi degli ultimi due anni, e nessuna trappola scattò.
Era solo con se stesso, non c’era nessun accesso aperto al tempo. Steso sul letto, isolato dal mondo, sentiva di essere al centro esatto dell’arena in cui si combatteva la battaglia contro la morte, ed era orgoglioso di sé. Stava lottando come nessuno prima di lui aveva mai fatto, pensò. Forse qualcuno avrebbe saputo cosa era successo in quella stanza e l’avrebbe imitato. Forse un giorno tutti gli uomini si sarebbero salvati, ma di questo non gli importava, ora.
Il senso di felicità si inclinò, si allargò in una diffusa tenerezza per sé stesso, come un’acqua calda e tranquilla. Respiro dopo respiro, battito dopo battito, cullato da suoni senza tempo, dalla musica del corpo.
Dalla sua piccola eternità, l’uomo sorrise.
Il mondo si chiuse gentilmente su di lui, avvolgendolo, e fu tutto.