Visualizzazioni totali

lunedì 8 aprile 2024

Musica come lotta contro il Tempo (Intuizione 78)


Oggi ho pensato, credo per la prima volta, che forse la musica non è indifferente alla temporalità esistenziale.
Forse, al pari della danza che però ne è dipendente e di certi sport che ne sono tardive derivazioni, la musica permette di controllare il Tempo, anche se per un tempo limitato.
Ma durante il tempo dell'esecuzione musicale, il bravo esecutore DOMINA IL TEMPO.

Di fronte alla morte, il musicista non potrà far altro che ripetersi una melodia, ossia un frammento di Tempo governato.
(La mia melodia esiziale sarà l'aria delle Variazioni Goldberg.)

domenica 3 marzo 2024

Per Mark Fisher, 1

"Oddio, non so niente di economia, sul serio... (Scoppia a ridere.)" (M. Fisher, Desiderio postcapitalista).

La domanda da cui vorrei partire è questa: come può un critico brillante del capitalismo, quale Fisher senza ombra di dubbio era, ignorare l’economia, e ancor più: come può pensare di affermare pubblicamente di ignorarla senza conseguenze per la sua reputazione di critico del capitalismo?
Ossia: da quand'è che la sinistra ha ammesso la propria fondamentale ignoranza dell’economia?
Io stesso, che appartengo più o meno alla generazione di Mark Fisher (sono più giovane di quattro anni), sono un esempio di chi ha sempre considerato fondamentale l’economia e la sua critica, per una politica progressista, pur senza riuscire a impararla.
Ma a differenza di Fisher non ho mai pensato che fosse possibile rinunciare a comprenderla per poter criticare il capitalismo. Il capitalismo non esiste a prescindere dall'economia, e le interpretazioni altisonanti dell'economia come "nuova religione", da Benjamin ad Agamben, saranno anche affascinanti (non certo per me) ma non permettono alcuna critica costruttiva, emancipativa, progressista o rivoluzionaria, del capitalismo=economia reale.
Recentemente, leggendo Byung-Chul Han, un filosofo considerato in qualche modo, forse erroneamente, erede della sinistra (si spende per lui il ricordo della Scuola di Francoforte) ho constatato che nei suoi scritti agili e pop non pare esservi traccia di quell'economia reale che chiamiamo capitalismo.
Mi pare dunque essenziale ripartire da una critica delle critiche non-economiche del capitalismo.
A questo fine, il socialista Thomas Piketty, di cui sto leggendo Capitale e ideologia, sembra molto utile.