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mercoledì 21 settembre 2011

Bentornato, Houellebecq (vogue31)



Bentornato, Houellebecq

E' durata poco, per fortuna, l'ansia per la presunta scomparsa di Michel Houellebecq. Razionalista nichilista e maudit, scrittore tra i più philosophes tra quanti oggi abbiano un grande pubblico, Houellebecq, alias Michel Thomas, è noto per una certa misantropia: vive in solitudine e il suo editore è abituato a lunghi silenzi. Nei giorni scorsi tuttavia si era diffusa su internet la notizia che lo scrittore francese, atteso ad Amsterdam e Bruxelles per un ciclo di letture, non si era presentato e nessuno aveva sue notizie.
Così, le scene dei suoi libri iniziavano ad affacciarsi alla mente degli appassionati lettori (quelli che non sono appassionati lo odiano): “La testa della vittima era intatta, mozzata di netto, posata su una poltrona davanti al caminetto; una piccola pozza di sangue si era formata sul velluto verde scuro (…). Il resto era un massacro, una carneficina insensata, brandelli, strisce di carne sparpagliati sul pavimento”. Questa era la fine riservata al personaggio omonimo dello scrittore (simile ma non identico alla persona reale) in La carta e il territorio, un bel romanzo molto diverso dai precedenti, meno nichilista e disperato - nonostante vi si narri di solitudine, eutanasia e assassinio - con il quale Houellebecq ha finalmente vinto nel 2010 il premio Goncourt, uno dei più prestigiosi premi letterari francesi.
Nelle Particelle elementari¸ uno dei suoi capolavori centrati sull’infelicità della condizione umana e sulla possibilità di trionfare su di essa attraverso la tecnica (idea svolta in termini di clonazione nel romanzo La possibilità di un’isola, spietato visionario e lirico, forse il suo capolavoro), descriveva sobriamente il probabile suicidio del protagonista: “Al momento della sua scomparsa, Michel Djerzinski era unanimemente considerato un biologo di altissima levatura, e lo si riteneva un valido candidato al Nobel; ma l’effettiva portata della sua opera si sarebbe rivelata solo in seguito. (…) Secondo la testimonianza delle poche persone che frequentarono Djerzinski in Irlanda durante le sue ultime settimane, su di lui sembrava essere scesa una sorta di rassegnazione. Il suo volto ansioso e mobile sembrava essersi pacificato (…) Permanendo malgrado tutto il mistero intorno alla scomparsa di Djerzinski, il fatto che il suo corpo non sia mai stato ritrovato ha finito per alimentare una tenace leggenda secondo la quale sarebbe partito per l’Asia, segnatamente per il Tibet, al fine di confrontare i propri lavori con certi insegnamenti della tradizione buddista”.
Se non proprio di una fuga in Tibet, speravamo - noi ammiratori incondizionati dello scrittore - che si trattasse di un’assenza dovuta a ragioni futili e passeggere: la spiegazione ufficiale parla infatti di un misunderstanding. (Immaginiamo Houellebecq riferirisi in cuor suo all'accaduto in termini meno diplomatici).
Certo, è nota la sua tendenza depressiva, fulcro dell’ispirazione letteraria, e un po' di inquietudine ci turbava. Ma non escludevamo, non fosse per la fatica e il dubbio godimento che se ne potrebbe trarre, in una specie di capriccio d’artista, per il divertimento di vedere quali stupidaggini si possano ancora scrivere sul suo genio. Come quando da bambini, o per melanconia, immaginiamo il nostro funerale e il pianto dei nostri cari per la nostra scomparsa.
Se davvero Houellebcq non avesse mai più potuto scrivere il suo prossimo romanzo, avremmo almeno sperato che la sua scomparsa somigliasse a  quella del protagonista delle Particelle, descritta con tratti sublimi: “Svariate testimonianze attestano la sua fascinazione per quella punta estrema del mondo occidentale, costantemente bagnata da una luce mobile e dolce, dove amava spingersi durante le sue passeggiate; dove, come scrive in uno dei suoi ultimi appunti, ‘il cielo, la luce e l’acqua si confondono’. Oggi noi pensiamo che Michel Djerzinski sia entrato nel mare”.
No, Michel non è entrato nel mare, per fortuna, ma è sano e salvo a casa sua.
Prendere nota per la prossima volta: ricordarsi di imparare a non prestare orecchio alle chiacchiere della società dello spettacolo.