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giovedì 4 ottobre 2012

Deleuze si specchia (vecchio incipit per un blog di fotografia mai aperto)


Deleuze si specchia tra due specchi.
Specchio del mio desiderio, chi è il più singolare del virtuale?
E' nel tra-due che avviene la Differenza, o molteplicità intensa.
Specchiandosi tra due specchi mentre viene fotografato in uno d’essi, Deleuze si sdoppia e si moltiplica all’infinito.
E' una singolarità molteplice: una singolarità con il cappello attuale nebulizzato in un’infinità di copricapi virtuali.
Indossa un soprabito impersonale. La molteplicità in effetti è impersonale, una persona è un fascio di singolarità, non garantita da alcun dio o io.
Deleuze è moltiplicato dal dividersi dell’istante temporale, verso il passato eterno e verso il futuro infinito.
Guarda l’obiettivo. Mi guarda. In ogni fotografia che lo ritrae, Deleuze mi guarda sempre, come se lui fosse una persona, come se lui fosse una persona, come se lui fosse una persona. Come se io fossi una persona e lui volesse mostrarmi che mentre lo vedo sono visto da lui.
Deleuze è una singolarità molteplice, fatta di attuale e di virtuale; il virtuale e l’attuale sono indiscernibili e si scambiano.
Guardando la foto, di primo acchito abbiamo l’impressione di sapere bene qual è il piano del reale e qual è il lato del virtuale. Eppure. Che cosa ce lo garantisce?
La macchina fotografica non può riprendere entrambi gli specchi, perché attuale e virtuale non coesistono mai completamenete. E c’è di mezzo colui che ritrae Deleuze che mi guarda, mi guarda come se lui fosse una persona, come se io fossi una persona e lui volesse mostrarmi che mentre lo vedo sono visto da lui. Ma è falso, sono le potenze del falso che si guardano attraverso i nostri occhi, attuali i miei, virtuali i suoi, o meglio ancora: attuali i suoi, alllora, virtuali i miei, in questo futuro attualizzatosi almeno per me.
Lui non c'è più, nel frattempo, ma le sue singolarità infinite sono ancora qui, con me, formano una nebulosa di concetti che non cessano di avviluppare la noosfera, la sezione di essa che mi è dato vedere dalla mia prospettiva.
In fondo, nell'Essere univoco, Deleuze e io e voi siamo tutti lì, ci teniamo molta compagnia, facciamo giochi bellissimi che non finiscono mai.