E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

giovedì 25 luglio 2013

Osservazioni di un idiota su Mio salmone domestico, di Emmanuela Carbé


Ieri notte, in assenza di igiene del sonno, ho terminato di leggere Mio salmone domestico, di Emmanuela Carbé. Dopo avere finito l'ultima pagina ho ricominciato subito a leggerlo dall'inizio. Mio Salmone di Moebius.
Sapevamo fin dall'inizio che appena finito di leggerlo lo avremmo ricominciato subito senza poterci fermare. Del resto l'avevo detto che questo libro non è un libro, cioé non è un libro bensì molti.
L'avevo detto agli amici di FB, che sono gli unici che mi ascoltino. Ehi, mi sentite?

Aldo G. Gargani una volta ha risposto a una mia domanda su Derrida dicendo che per Derrida, secondo Aldo G. Gargani, è come se noi scrivessimo più testi simultaneamente.
Aldo G. Gargani pensava - evidentemente - a MSD (o forse a Mallarmé).

Insisterei ancora un po' sul libro-nastro di Moebius perché è quel genere di nozioni confuse che alla mia generazione filosofica piace molto, citare la cosa dimostra che appartengo a quella generazione. Se non sai che cos'è un nastro di Moebius fai schifo, sei proprio un poveraccio: ma dove cazzo eri negli anni Ottanta-Novanta-Duemila? Comunque, per aiutarti ti dico che devi pensare a Lost Highway, il capolavoro di David Lynch. Probabilmente non ci avrai capito un cazzo, ma quando il protagonista improvvisamente diventa un altro, ecco, quello avviene perché la sua posizione topologica si è magicamente scambiata con la posizione di un antiprotagonista che si trovava sul lato opposto del nastro. In corrispondenza del protagonista ma dall'altra parte, non so se mi spiego. Così il nuovo personaggio percorre il pezzo di nastro rovesciato fino a ritornare all'inizio del film, ma all'esterno della porta dietro la quale si trovava il protagonista. Devi avere senz'altro capito, adesso.
Come ulteriori info, se proprio ne hai ancora bisogno, posso ancora dirti che all'inizio di Economie libidinale (purtroppo ho perso le fotocopie) Lyotard dice che il corpo non è o non va pensato come un oggetto con un dentro e un fuori, ma, appunto, come un nastro di Moebius. Ne parla anche Hofstadter in Goedel, Escher, Bach, credo, ma non lo ricordo. Del resto se l'hai letto te lo ricordi da solo, e se non l'hai letto è inutile che te lo citi. La cultura in fondo è facile.

(Ora eccoti un misterioso link, aprilo tranquillo... Paura eh? http://www.openculture.com/2013/02/the_genius_of_js_bachs_crab_canon_visualized_on_a_mobius_strip.html

Insomma: MSD è un libro di Moebius, ora ti sarà chiarissimo. Quando finisce la parte testuale inizia quella di disegni, circa all'incrocio del nastro (dimenticavo: prendi un nastro di carta, taglialo e rovescia un capo di 180° ricongiungendolo con l'altro capo: otterrai uno strano 8. Non è un 8. E' un nastro di Moebius, se hai capito cos'è. Va be', non importa). I disegni sono un rovescio del testo, lo si capisce dalla presenza di qualche spia testuale: pesce rosso per esempio è presente sia nel testo che nei disegni.
Comunque posso sempre sbagliare, non cambia nulla. Nella peggiore delle ipotesi è un libro ciclico, rotoli di seta che si riavvolgono su se stessi. Tu mi capisci, e dico proprio a te.
Questo è un libro decostruito dalla sua stessa scrittura.

In realtà, appena seppi(a) dell'esistenza di MSD, e dell'annessa esistenza dell'Autora, ebbi(a) un moto di autentico fastidio. (Bisogna dire che io ho abbastanza spesso moti di autentico fastidio).
Che cosa mai avrebbe potuto significarmi un piccolo libro Laterza – tra l'altro nell'unica collana che io pensi meritevole di sopravvivere all'imminente catastrofe nucleare italiana – scritto da una Giovane Scrittrice a me ignota, scritto in modo che – dicevano – sembrava un libro surreale come non se ne vedono più in giro?
Chi si credeva di essere, la suddetta ignota Autoressa? L'Aldonovessa degli anni duemila? Impossibile, sentenziai alla volta del mio informe e impaurito Io, al momento ancora sprovvisto di pinne e squame, rannicchiato nell'angolo.
Impossibile, dissi con un ghigno diabolico: ci hanno già provato in troppi, e hanno fallito tutti!!! HUAHUAHUAHUA!!! sghignazzai alla volta del mio sgomento Io nell'angolo, sentendo un certo calore interno associato a confortevole frustrazione&cattiveria.

Però però. Dassi il caso che l'Autora in questionessi fosse amicassi di una mia amicassi di FB. Ma che dico? (“Dassi il caso che l'Autora in questionessi fosse amicassi di una mia amicassi di FB”) Amica un cazzo! l'ho fatta pure SORELLA DI FB.
Qualcosa vorrà dire o no? Nel cavernoso vuoto della mia testa riecheggia la domanda (Vorrà dire o no? Dire o no? O no? No?)
Siassi come siassi la sorellassi di FB da me opportunamente interrogatassi, similmente a quell'Aldo G. Gargani di un tempo passato nonché alcune righe or sono, se ve lo ricordate, ma con molta più sconvolgente sexy biondezza di quel vecchio barbagianni di Aldo G. Gargani, un gran filosofo comunque, la sorella bionda di FB, dicevo, quella gran gnocca che Dio l'abbia in gloria e anche in laura, ebbene lei disse che sì, l'Autora era proprio amica suassi, e da me opportunamente inquisita se “devo leggerlo?” rispose con un astutissimo “solo se vuoi”.
Apro una parentesi: voi che mi conoscete, amici di FB, che siete anzi gli unici a conoscermi, sapete meglio del mio Io - che iniziava ormai ad affusolarsi e squamarsi - che qualsiasi altra risposta lo avrebbe infastidito proprio come voleva Lui, che avrebbe a quel punto trovato di che ribattere e non leggere e sfanculare giovaniscrittoritaliani. Invece, fummo presi all'amo.

PS: a nulla valse l'obiezione “ma non c'è manco in ebook!!!”, e bastarono venti minuti d'attesa a Porta Nuova perché ci tuffassimo a pesce sul MSD, appositamente infilzato nei primissimi scaffali de La Feltrinelli Porta Nuova (Torino) a mo' d'esca. E infatti esca subito nella mia pinna, in cambio di euro 10 (ho la tessera, mi spiace amici piccolilibrai non l'ho fatta apposta), dati di cuore, con l'altra pinna, alla commessa più simpatica e graziosa mai incontrata in tutta Torino.

Dopo poche pagine l'entusiasmo mi accoltellò, inducendomi a sanguinare su Facebook: “A me i libri non piacciono. Ma se mi piacessero non mi piacerebbe leggerli. E se mi piacesse leggerli non mi piacerebbe comprarli, perché quando li hai finiti, poi, chi te li ridà i soldi?

Quel che piace a me, virgola, è la scrittura.

EPPERO` il libro di Emmanuela Carbé, Mio salmone domestico, me lo sono comprato ben volentieri, e me lo sto leggendo molto più che ben volentieri, perché quando l'ho aperto ho capito che non è un libro solito, anzi non è un libro: è scrittura, e quando avrai letto tutto il libro sono sicuro che alla fine non sarà finito perché lo potrai sicuramente ricominciare, chissà quante volte?, ridendo a decifrare ogni volta.
Lettura terminabile/lettura interminabile. Vada per la seconda.”

Come già detto, l'ho ricominciato per davvero. Mio salmone interminabile.

Da un punto di vista personale e psicologico, cioé dal punto di vista più stupido inutile e nojoso che sia possibile prendere barbosamente in considerazione, devo dire che la scrittura di Carbé (che come ho già detto fa squagliare gli stupidi e angusti si fa per dire limiti del Libro, per altro capaci di farfallire pure il Gran Poeta) ha prodotto in Me qualcosa di simile alla rivoluzione di Woobinda di Aldo Nove (avevo 19 anni). Quello fu per Me uno nooshock epocale: si poteva dunque scrivere in quel modo intelligentemente fantastico, facendo ridere così tanto! Era la linea di fuga che cercavamo da tempo. (Inutile dire che le cose che scrissi Io, percorrendo quella linea di fuga, facevano cagare, e nemmeno molto più di quelle scritte dai miei coetani giovaniscrittori, tutti pazzi per Aldo Nove).
Ecco, cazzo, Emma(nuela) Carbé ha quella potenza che – Aldo Nove a parte, e a parte la sua evoluzione Oscena – non avevo più trovato da allora.
Certo, Carbé, in apparenza, è molto più disperata e non può non risentire della coscienza esatta di scrivere vent'anni dopo Aldo Nove. Se lui (come diversamente Tiziano Scarpa) poteva pensare (non pensandolo, suppongo) di iniziare qualcosa – che infatti è iniziata, ahimé: la scrittura cannibale, di cui Antonello non ha colpa – è chiaro che oggi Madame Carbé non può in nessun modo avere quell'entusiasmo storicistico.
Del resto, l'Italia di Woobinda si stava appena affacciando al berlusconismo, mentre quella di EC è il definitivo arco di trionfo del berlusconismo di destra di sinistra e d'opposizione: dov'è più lo spazio per qualsiasi genere di entusiasmo, per non dire semplice contentezza?
(Posto, naturalmente, che non siate idioti, berlusconiani o fascisti, il che statisticamente è invero molto probabile).

A posteriori, la mia generazione (i nati degli anni Settanta) mi appare ora incastrata quasi schiacciata tra Aldo Nove, lo schiacciatore del passato, e Emmanuela Carbé, la schiacciatrice del futuro: per dirla tutta non conosco nessuno scrittore all'incirca della mia età che abbia potuto convincentemente usare il surrealismo engagé dei Due. (Vabbé ci sarebbero anche i poeti, ma quelli lasciamoli stare mordono).
Dopo Woobinda bisognava aspettare vent'anni, nella laida Italia di Forza Italia, per poter nuovamente dare libertà e potenza di potlach alla scrittura.
E ci voleva il genio di Emma, ovviamente.

(Scusa non ho capito, ma chi cazzo è questa Emma?
Emma Carbé!
Ma non si chiamava Emmanuela?
Sì appunto: Emmanuela abbreviato in Emma.
Ah.
Hai capito adesso?
Sì, grazie, che idiota.
Non c'eri arrivato?
No.
Ma sei idiota?
Sì, te l'ho detto.
E sei anche berlusconiano e/o fascista?
Quello no, sono anarchico.
Ok allora va bene)


PS: va da sé, Carbé, che ti ho rubato alcuni significanti, ma quella che li ha caricati di significati inaspettati sei soltanto tu. Mio salmone significativo.

martedì 9 luglio 2013

Lampedusa e la vergogna (da "Politica della vergogna", di Slavoj Žižek)

Riproduco qui l'anteprima già pubblicata su Repubblica della mia traduzione di Politica della vergogna, Nottetempo, 2009

Il 16 settembre 2007, il ministro degli Affari Esteri francese Bernard Kouchner avvertì che il mondo si sarebbe dovuto preparare a una guerra causata dal programma nucleare iraniano: "Dobbiamo prepararci al peggio, e il peggio è la guerra". Quest' affermazione, com' era prevedibile, fu causa di notevole scompiglio e di critiche rivolte a ciò che Sir John Holmes, a capo dell'Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite, definì "il contagio iracheno": dopo lo scandalo delle armi di distruzione di massa, agitate come pretesto per l'invasione, evocare analoghe minacce aveva perso per sempre ogni credibilità perché dovremmo ancora credere agli Stati Uniti e ai loro alleati, se già siamo stati brutalmente ingannati? C'è tuttavia un altro aspetto, molto più preoccupante, che riguarda il monito di Kouchner. Quando il presidente Sarkozy, appena eletto, nominò Bernard Kouchner, noto per i suoi orientamenti umanitari e politicamente vicino ai socialisti, a capo del Quai d' Orsay, persino alcuni oppositori di Sarkozy salutarono questa scelta come una piacevole sorpresa. Adesso il significato di questa nomina è chiaro: il ritorno in forza dell'ideologia dell'"umanismo militaristico" o anche "pacifismo militaristico". Il problema insito in quest'etichetta non è tanto che si tratta di un ossimoro che richiama alla mente lo slogan "la pace è guerra" di Orwell in 1984: la semplicistica posizione pacifista "più bombe e uccisioni non porteranno mai la pace" è illusoria; spesso è necessario combattere per la pace. Il vero problema non è nemmeno che, come nel caso dell'Iraq, l'obiettivo è nuovamente scelto non certo sulla base di pure considerazioni morali, ma per interessi strategici, geopolitici ed economici non dichiarati. Il problema insito in un "umanismo militaristico" non risiede nel "militaristico" ma nell'"umanismo": poiché l'intervento militare è presentato come aiuto umanitario, giustificato direttamente da diritti umani depoliticizzati e universali, chiunque vi si opponga non solo prende le parti del nemico in un conflitto armato, ma compie una scelta criminale che lo esclude dalla comunità internazionale delle nazioni civilizzate. Ecco perché, nel nuovo ordine mondiale, non abbiamo più guerre nel vecchio senso della parola, cioè conflitti regolari tra Stati sovrani in cui si applicano determinate convenzioni (il trattamento dei prigionieri, la proibizione di certe armi, ecc.). Ciò che resta sono "conflitti etnico-religiosi" che violano le regole dei diritti umani universali. Essi non contano come vere guerre e richiamano l'intervento "pacifistae umanitario" delle potenze occidentali: a maggior ragione nel caso di attacchi diretti agli Stati Uniti o ad altri rappresentanti del nuovo ordine mondiale, quando, di nuovo, non si ha a che fare con vere guerre, ma solo con "combattenti illegali" che resistono colpevolmente alle forze dell'ordine universale. In questo caso, non è neanche possibile immaginare che un' organizzazione umanitaria neutrale, come la Croce Rossa, medi tra le parti in conflitto, organizzi lo scambio di prigionieri ecc.; una delle parti in conflitto (l'esercito mondiale guidato dagli Stati Uniti) già assume il ruolo della Croce Rossa: non percepisce se stesso come una delle parti in guerra, ma come un mediatore, un agente di pace e di ordine globale che annienta le agitazioni locali e particolaristiche elargendo, simultaneamente, aiuto umanitario alle "popolazioni locali". Dunque, la domanda fondamentale è la seguente: CHI è questo "noi" in nome del quale parla Kouchner, chi vi è incluso e chi, invece, ne è escluso? Questo "noi" è veramente il "mondo", l'apolitica comunità "mondiale" dei popoli civilizzati che agiscono in nome dei diritti umani? Abbiamo avuto una risposta a questa domanda quattro giorni dopo, il 20 settembre, quando sette pescatori tunisini furono arrestati in Sicilia per aver commesso il crimine di salvare quarantaquattro migranti africani da morte certa per annegamento. Se saranno condannati per "favoreggiamento dell'immigrazione clandestina", dovranno trascorrere da uno a quindici anni in carcere. Il 7 agosto avevano gettato l'ancora su un banco di sabbia a trenta miglia a sud dell'isola di Lampedusa, vicino alla Sicilia, ed erano andati a dormire. Svegliati dalle grida, videro un gommone stipato di persone, tra cui donne e bambini in uno stato di estrema prostrazione fisica, scosso da forti marosi e sul punto di affondare. Il capitano prese la decisione di imbarcarli fino al più vicino porto dell'isola di Lampedusa, dove l'intero equipaggio fu arrestato. Coloro che esprimono comprensione per questa misura si comportano allo stesso modo dei negazionisti dell'Olocausto quando devono giustificare le loro problematiche affermazioni: sostengono che gli accusatori sottraggono i provvedimenti presi al loro contesto; proprio in quanto problematici, dovrebbero essere inquadrati nelle condizioni specifiche e più ampie che li circondano. Ora, in che cosa consiste tale contesto? Evidentemente, nella paura della fortezza europea di essere invasa da milioni di rifugiati affamati: il vero obiettivo di quest' assurdo processo è dissuadere altri equipaggi dal fare lo stesso. Significativamente, non sono state intraprese azioni legali contro altri pescatori che, trovandosi in una situazione simile, hanno com' è noto allontanato i migranti a colpi di bastone lasciandoli affogare. Ciò che è dimostrato da quest'incidente è che la nozione, dovuta a Giorgio Agamben, di homo sacer, cioè dell'escluso dall'ordine civile che può essere ucciso impunemente, operaa pieno regime nel mezzo di un' Europa che pretende di essere l'assoluto bastione dei diritti umani e dell'aiuto umanitario. Come può accadere che, nel cuore di QUESTA Europa, quei pescatori tunisini che compiono semplicemente l'elementare dovere morale di salvare vite innocenti da morte certa siano chiamati in giudizio? Il capitano del peschereccio, Abdelkarim Bayoudh, ha dichiarato: "Sono contento di ciò che ho fatto". Noi, cittadini dell'Unione Europea, decisamente non dovremmo essere contenti di fare parte di un "noi" che include il tribunale di Lampedusa. L'impasse in cui si trova la costituzione europea è un segnale del fatto che il progetto europeo è in questo momento in cerca della sua identità. Il dibattito viene generalmente dipinto come uno scontro tra i multiculturalisti liberali, che desiderano allargare i confini dell'Unione Europea alla Turchia e oltre, e i cristiani eurocentrici della linea dura, che esprimono dubbi sulla democraticità e il rispetto dei diritti umani all'interno dello stato turco. E se questo dibattito fosse quello sbagliato? Se facessimo meglio a restringere i confini e a ridefinire l'Europa in modo da escludere non la Turchia, ma il tribunale di Lampedusa? Forse è tempo di applicare all'Italia (o alla Polonia, o ad altri paesi...) gli stessi criteri con cui valutiamo la Turchia.

© Slavoj Žižek
© 2009 nottetempo srl

giovedì 4 luglio 2013

Appunti su "Walt Disney" di Sergej Ejzenstejn

Ejzenstejn aveva immaginato per la Cavalcata delle valchirie un dispositivo stereofonico che non poté realizzare, per avvolgere gli spettatori col suono in movimento, una vera cavalcata fonospaziale.
Cos'avrebbe detto della scena di Apocalypse now?