E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

domenica 20 ottobre 2013

Ancora sulla guerra sociale che ha luogo in Italia

Mentre i compagni del movimento stanno per svegliarsi nelle loro tende a Porta Pia ("Occupy Porta Pia" è di per sé un'immagine situazionista piena di allegria rivoluzionaria), riprendo il discorsetto che avevo iniziato dopo i fatti di Roma del 15 ottobre 2011.

Anche questa volta ci sono stati scontri di piazza, ma non sono stati "drammatici": la stampa borghese ha stentato a trovare i toni ridicolmente epici che di solito riserva a simili manifestazioni popolari di antagonismo sociale, e i professionisti della mistificazione scritta hanno dovuto ripiegare sull'elogio della geniale strategia militare adottata dalla polizia (ci si può ovviamente domandare come mai questa geniale strategia non sia stata adottata già nel 2011).

Un governo di larghe intese non ha lo spazio di manovra di un governo monocolore: nel 2011 l'ultimo governo Berlusconi voleva inscenare la violenza dell'antagonismo, oggi invece bisognava gestirlo.
Ecco l'altra faccia della trasformazione della politica in amministrazione: amministrare il dissenso è meglio che indurlo ad autorappresentarsi in forme esplosive.
Si potrebbe dire che gli scontri del 2011 fermarono per due anni il movimento dei cosiddetti "indignati" (un nome che è stato abbandonato, tranne che dai giornalisti, affetti notoriamente da una certa povertà cognitiva): ma è molto più probabile che in due anni il movimento si sia invece rafforzato interiormente. Molti di coloro che erano scesi in piazza con i palloncini colorati, sono tornati ieri in piazza, ma questa volta sapevano che a fronteggiarsi non ci sono soltanto i bellicosi e i poliziotti, come in uno spettacolare "wargame": nella piazza romana si fronteggiano l'avanguardia (proletaria, ovviamente) della società sfruttata e il braccio armato del potere repressivo, strumento della borghesia mafiosa e fascista, di destra e di sinistra.
La coscienza che ormai lo scontro sia inevitabile, e difficilmente assorbibile per via parlamentare (è appena il caso di notare la totale assenza del Movimento 5 stelle dalla piazza), mi sembra ben segnalata dal fatto che a sinistra, questa volta, non ci sono stati molti cori sdegnati per gli scontri. Tranne, i giornalisti di regime, of course.

A distanza di due anni, non si hanno notizie di alcuna prospettiva politica sostenibile da questo intellettuale e dai suoi coleghi, esponenti della piccola borghesia progressista.
La piccola borghesia progressista risulta in effetti annientata dalle scelte politiche bipartisan. Le grandi coalizioni tra Berlusconi e suoi presunti avversari hanno finalmente portato alla luce la contraddizione fondamentale dell'antiberlusconismo: quello di essere, da un punto di vista reale, cioé materialista, sociale ed economico, soltanto l'altra faccia del berlusconismo, quella "pulita" (e nemmeno troppo pulita, se si guarda, per un facile esempio, l'intreccio affaristico-poliziesco montato dal PD in Val di Susa).
Il marxista indignato oggi non ha più voce, e come lui i pochi illusi che nel 2011 speravano nella prossima caduta di Berlusconi e in un possibile governo "di sinistra".
Le larghe intese hanno dimostrato che un governo "di sinistra" è impossibile (Deleuze l'ha detto negli anni Settanta).
Quelli che erano detti "pensare di merda" e quindi non-pensanti, privi di prospettiva politica, si sono rivelati gli unici dotati di un pensiero politico capace di maturare in prassi collettiva organizzata, attraverso e contro le contraddizioni dei governi di una borghesia fortemente in crisi (forse la sua ultima).

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