E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

giovedì 14 agosto 2014

Ci deve essere in me un alieno (racconto del 1998)

Ci deve essere in me un alieno, da qualche tempo, entrato in me chissà come e chissà perché. È questa l'unica spiegazione per le stranezze che da un po' rilevo nel mio comportamento. Per esempio chi ha estratto l'aspirapolvere dall'armadio per montarne il manico al contrario? Non mi riconosco più: quand'è iniziato tutto ciò? Ho perso il conto di me stesso, e sì che tengo un diario apposta per capire le mie evoluzioni spirituali. Invece ora rileggendo il diario non mi capisco, sembra che non mi riguardi, come fosse stato scritto da un altro anche se ricordo le frasi scritte e gli eventi riferiti.
Chissà come sarà questo alieno, come nei film, verdastro e tentacolare oppure piuttosto un gentile omino azzurrognolo? E come sarà entrato in me? Per quali vie fisiche o psichiche? Alla lunga mi farà del male oppure tutto è stato calcolato da un'equipe scientifica marziana affinché io viva bene per far da corpo a lui?
È vero che oggi ho pensato un'altra cosa, senza l'alieno, cioè ho pensato che forse sono vittima di un'illusione fin dalla nascita, per cui io non sono io ma tutto il resto. "Io" sarebbe l'unica cosa che non sono realmente: un incantesimo benefico (per non farmi impazzire) mi ha illuso fin dall'origine. Sarei il mondo, e ciò che mi sono abituato a chiamare "io" non sarebbe altro che il suo contrario, il punto di irrealtà, il non-io. Ma questa spiegazione mi convince di meno. L'ipotesi dell'alieno è più feconda. Tra l'altro spiegherebbe bene perché oggi io osservassi con stupore, come per la prima volta, il viso di mia madre in mezzo al mare, mentre le davo lezioni di nuoto. Quel viso non lo avevo mai visto così, e ciò sarebbe impossibile se io fossi ancora Edoardo e non il suo replicante ultracorpo.

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