Badiou
Il giorno stesso della mia laurea, dunque, per togliermi da quella palude depressiva nella quale mi lasciarono i miei genitori e parenti ripartiti frettolosamente da Pavia, iniziai a progettare il mio futuro. Avevo del resto venticinque anni ed è solo per il privilegio datomi dalla mia condizione di studente piccolo borghese che non me ne ero preoccupato seriamente prima di allora.
Dopo aver telefonato a Strasburgo e ottenuto le istruzioni per iscrivermi al DEA, mi assalirono i dubbi. Non volevo tornare là, dove avevo fatto l'Erasmus con due derridiani, Nancy e Lacoue-Labarthe. Volevo andare a Parigi. Volevo studiare con Alain Badiou, che aveva appena pubblicato il suo libro su Deleuze.
Scrivendo la mia tesi avevo scoperto Badiou: era molto diverso dall'autore di Differenza e Ripetizione, ma anche lui così potente e lontano dalla vulgata ermeneutico-derridiana nella quale ero cresciuto, che non avevo avuto dubbi su chi puntare per i miei progetti di ricerca futura. Perciò dal giorno successivo alla mia laurea iniziai a telefonare a Paris 8, l'università di Badiou nella quale anche Deleuze aveva insegnato per tutta la vita. Mi diedero il numero di casa del filosofo e lasciai qualche messaggio alla sua segreteria telefonica. Non mi richiamò ma gli scrissi una lettera spiegandogli per quale ragione sarei stato onoratissimo di poter studiare con lui, la sua interpretazione di Deleuze era oltremodo innovativa e si era rivelata fondamentale per la mia tesi ecc. ecc.
Dopo un paio di settimane ricevetti una sua lettera: potevo andare a studiare con lui, era disposto a prendermi in DEA. Mi sentii improvvisamente proiettato in un mondo nuovo: potevo andarmene dall'Italia dove ero solo e depresso, e dove non avevo futuro. A Parigi avrei potuto riscattarmi da quegli studi insensati fatti per pigrizia in una facoltà provinciale. Avrei potuto riscattarmi da quella brutta laurea. Per la prima volta da quando avevo creduto di poter fare l'Erasmus con Derrida vivevo una specie di sogno.
Ma se avessi voluto guardarlo bene fino in fondo, quel sogno mi sarebbe dovuto sembrare subito sostanzialmente vuoto.
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