E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

domenica 25 giugno 2017

Ricevimento al café (Roman nouveau, 15)


Ricevimento al café

A causa della distanza dell'Università di Paris 8 dal centro della metropoli e da casa sua, Badiou riceveva gli studenti in un café a Denfert-Rocherau, a sud di Parigi, non lontano dalla Tour Montparnasse e dal famoso cimitero dove riposano, si fa per dire, Serge Gainsbourg e Samuel Beckett. Gli studenti di Badiou si sedevano ai tavolini e lui li riceveva in ordine di arrivo, discutendo con ciascuno le sue questioni per il tempo necessario.
La prima volta che andai al ricevimento nel café, la cosa mi sembrava un po' assurda ma capii subito che a Parigi poteva sembrare normale (volevo lasciarmi alle spalle in fretta tutte le mie reazioni da provinciale). Nell'attesa conobbi un po' di studenti, tra i quali anche Lilia, una simpatica ebrea russa dagli occhi di ghiaccio, e uno psicologo tunisino alcolizzato che lavorava per l'ONU (almeno così mi disse). 
Venuto il mio turno, dopo aver detto al professore, col sorriso più sportivo possibile, che non c'era stato nessun problema alla riunione dottorale a Paris 8 anche se lui non c'era e volevano affidarmi a un'altra professoressa, gli illustrai il mio progetto di tesina per il D.E.A. Il progetto verteva su un confronto tra la filosofia di Deleuze e quella di Badiou. Lui sembrò trovare del tutto ovvio che gli si proponesse come tema un confronto tra Deleuze e lui stesso. Affrontai conseguentemente la questione della traduzione del suo Deleuze. La clameur de l'Être. Gli dissi che stavo cercando una casa editrice e lui disse che era d'accordo che fossi io a tradurlo. Certo, il fatto che anche per il D.E.A. mi avesse incoraggiato salvo poi dimenticarmi al primo passo burocratico, mi rendeva un tantino diffidente. Ma con la sua parola potevo iniziare a contattare le case editrici italiane.

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