E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

mercoledì 14 marzo 2018

Roman nouveau, 14 bis

Fuoriusciti italiani a Parigi


Il post-operaismo è un pensiero alcolista. Questo mio giudizio tranchant ha certamente la sua origine nell’essermi sentito dire che Toni Negri iniziava a ragionare solo dopo essersi scolato una bottiglia di vino. Me lo disse un italiano suo amico che viveva a Parigi, un amico di Deleuze, per altro, che io fui ben contento di conoscere ed era molto simpatico.
Ci divertimmo particolarmente una sera, alla presentazione di un libro italiano all’Istituto di Cultura, dove mi aveva invitato Bruno: incontrammo il deleuziano italiano e il traduttore italo-francese di Deleuze. Come d’uopo, magnavamo e bevevamo: era questo il tipo di intensità del divenire che maggiormente mi piaceva sperimentare, e anche quell’unica che mi era dato esperire più di frequente, dato che sport ne facevo ben poco (ogni tanto la piscina sempre con Bruno), e scopare non scopavo mai perché ero ancora triste per Elisa.
Di alcolista, nella teoria post-operaista della produzione ontologica trovavo soprattutto il fatto che, effettivamente, da ubriaco avevi l’impressione di stare creando qualcosa, se parli con qualcuno o guardi un film o scrivi.
Ma questa teoria è gravissima perché sostiene in maniera idealistica che ogni essere umano è di per sé produttore, dunque una sorta di lavoratore ontologico
Dunque il capitalismo sarebbe fondamentalmente sbagliato e ingiusto semplicemente per il fatto che non remunera senza sfruttamento questa produzione di vita di noi tutti operai dell’essere.
Sarebbe come dire: capitalisti di tutto il mondo: remunerateci!

[Continua: incontro con Scalzone & co.]




Breve intervista a una ragazza torinese


D: ...

R: Certamente, la prima volta che lo incontrai fu in occasione di una serata organizzata insieme alla mia amica torinese, che era in Erasmus come me a Parigi. Decidemmo di fare un incontro di tutti gli Erasmus torinesi che si trovavavano a Parigi. Lei a Saint Denis aveva conosciuto qualcuno, e in più c'era Caterina che da anni già viveva lì. Così quella sera vennero Edoardo e Pierpaolo.

D: ...

R: La cosa che mi ha colpito di più era che fosse di Bra. Aveva l'aria un po' anni Settanta, come li immagino io, e mi piacque la sua socievolezza. cioè, era simpatico, parlava molto. Visto che io sono timida mi piacciono le persone socievoli. E poi il fatto che parlasse tanto, visto che a me piace ascoltare.

D: ...

R: Ricordo perfettamente che aveva un montone, e se non mi sbaglio era un montone di suo papà. Non ne sono sicura, ma ho questa idea in mente. E poi aveva i pantaloni di velluto a coste. Forse.

D: ...

R: Si, perchè faceva un DEA, mi sembrava che fosse già super introdotto. Io avevo appena scoperto cosa fosse un DEA, e cosa fosse un dottorato

D: ...


R: Si, molto. Ma ogni tanto ero un po' malinconica e facevo fatica a stare da sola.

D: ...

R: Era una cosa che volevo fortemente, volevo internazionalizzarmi. E quella è stata la prima tappa per farlo.

D: ...

R: Passeggiare senza meta. E andare al cinema e mangiare le crepes.

D: ...

R: Perchè avevo finito l'Erasmus. Perchè nessuno mi ha proposto di mantenermi per più di un anno a Parigi e non ero abbastanza coraggiosa per farlo da sola, senza aiuti. Perché ero fidanzata e non volevo lasciare il mio fidanzato.

D: …

R: Ho dovuto lasciare l’università perché il mio professore era morto prima che io potessi vincere il posto da ricercatrice. Sono diventata avvocata. Mi piace il mio lavoro, ma ogni tanto rimpiango di non aver potuto continuare a dedicarmi alla teoria.

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