E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

domenica 20 febbraio 2022

Il sapiente sul balcone

Non appena la guerra ebbe inizio i cittadini furono chiamati ad arruolarsi per difendere la patria. 
Un celebre sapiente iniziò a predicare dal balcone di casa sua: “di quale guerra parlano? Chi può dire esattamente che cosa sia una guerra? Bisognerebbe domandarlo ai generali ma io l’ho fatto e ne ho ricevuto risposte assai diverse: questo dimostra che nessuno sa esattamente che cosa sia la guerra, dunque non è possibile dire che noi siamo in guerra. Del resto, un mio amico ammiraglio mi ha detto di avere visto ben altre guerre in vita sua. Questa guerra è un’invenzione!”
L’idea stessa di una guerra sembrava incredibile, poiché nessuna guerra era stata combattuta da molto tempo. Poiché a tanti non piaceva l’idea di doversi arruolare e poiché in passato il sapiente aveva scritto molti libri apprezzati anche dal popolo, le sue prediche iniziarono ad avere ascolto. In molti cercarono di non partire per la guerra, sostenendo che non vi fosse alcun bisogno di combattere: i soldati i cui cadaveri venivano quotidianamente riportati a casa dal fronte potevano essere morti in molti modi diversi, forse si erano uccisi tra di loro oppure si erano suicidati. Chi aveva perso un proprio caro al fronte, naturalmente, si indignava per le folli prediche del sapiente, ma aveva da pensare al proprio lutto.
Il sapiente continuava a predicare dal balcone, e giorno dopo giorno si radunava sotto di esso una folla sempre più numerosa. Egli iniziò a sostenere che, di fronte a una guerra inventata, l’unica cosa da fare fosse andare al fronte senz’armi, per dimostrare che si trattava di una grandiosa frottola di alcuni generali, i quali sostenevano che vi fosse una guerra anche se nessuno vedeva chiaramente il nemico schierato. E se anche vi fosse stato un nemico, non poteva poi essere un nemico così terribile da dovergli addirittura muovere guerra. 
Alcuni fecero come aveva detto il predicatore: partirono per il fronte disarmati e non fecero più ritorno. Qualcuno ritornò orrendamente ferito e mutilato e cercò di convincere i seguaci del sapiente a non dargli più ascolto: le ferite e le mutilazioni erano opera del nemico e non c’era motivo per dubitarne. Ma i seguaci pensarono che si trattasse di finti mutilati, di impostori pagati dai generali e dai politici per spaventare il popolo e convincere che la guerra non fosse un’invenzione.
Il sapiente disse che, poiché non si può dire che cosa sia la guerra, essa è già presente in tempo di pace. Anche durante la pace, in fondo, c’è sempre la guerra. Sarebbe venuto un giorno in cui si sarebbe scorta la guerra in ogni attimo di pace, di cui non si potrebbe più godere per l’angoscia di sentirsi perennemente in guerra. Lo aveva scritto più volte nei suoi libri e poiché nessuno gli aveva mai dato torto non poteva che esser vero.
Quando l’esercito schierò l’artiglieria per proteggere la città, i seguaci del sapiente scesero in piazza per protestare: “quelle armi ci mettono in pericolo - dicevano - potrebbero esplodere e farci del male, oppure qualcuno potrebbe inciampare nelle ruote di legno mentre fa pascolare i suoi dromedari. Toglietele di torno!”
Non furono ascoltati, e fu un bene perché quando il nemico attaccò la città l’esercito poté rispondere colpo su colpo. Ma i seguaci del sapiente sostenevano che i colpi venissero sparati a un nemico immaginario e si lamentarono per il fragore delle detonazioni che ferivano le orecchie e offuscavano la vista con la polvere.
Il sapiente domandava alla folla: non sarebbe meglio una vita senza armi? Abbiamo forse dimenticato la commovente bellezza di questo quartiere, prima che venissero posizionati i cannoni e sparati quegli inutili colpi? Ora, quando pascolate i vostri dromedari dovete aggirare le intelaiature dei cannoni, muovete passi sgraziati e i vostri animali si feriscono gli zoccoli e sono inquieti e quando odono il fragore delle esplosioni non pascolano più e il loro latte diventa rancido. Noi abbiamo dimenticato che cosa sia pascolare i bellissimi dromedari in un quartiere senza cannoni e senza rumore meccanico. Non esiste la guerra, esistono solo i cannoni con i quali vogliono rovinare la nostra vita e tenerci prigionieri di un’illusione.
A ogni cittadino fu poi ordinato di tenere con sé un’arma, affinché potesse difendersi se un nemico fosse penetrato oltre le mura difensive. Ma il sapiente protestò: quelle armi ci appesantiscono la veste e ci fanno sentire al sicuro contro un nemico che non esiste. Ma solo con le nude mani noi potremmo difenderci adeguatamente, se anche vi fosse una guerra. Tuttavia, non vi è nessuna guerra e chi vuole farcelo credere ci inganna con lo spettacolo delle ignominiose armi.
Un giorno, i nemici raggiunsero la parte della città nella quale vi era la dimora del sapiente: trovando una folla intenta ad ascoltare la sua predica ne fecero strage (nessuno poté difendersi non avendo armi) o li imprigionarono riducendoli in schiavitù. Poi entrarono nella dimora del sapiente e non capacitandosi del fatto che nessuno avesse tentato di combattere, lo interrogarono. Il sapiente disse che era contento di vederli. Sapeva che un giorno sarebbe anche potuta scoppiare una guerra, ma quella non era una guerra temibile. Ed era per lui indifferente vivere o morire, combattere o arrendersi, perché l’unica cosa che contava veramente era quell’attimo in cui nemici immaginari lo stavano interrogando. Non esisteva null’altro oltre a quell’immagine: non la guerra, non i nemici, non le armi e nemmeno i dromedari, o meglio i dromedari erano esistiti fino a quando li si era potuti far pascolare senza intralcio, poi non più.
Lo strangolarono e massacrarono la sua famiglia, i servi e tutti i seguaci che si erano nascosti nella cantina cercando un vano riparo. Incendiarono la sua dimora dopo averla saccheggiata e passarono a devastare il resto dell’isolato, abitato da seguaci del sapiente. Mentre venivano seviziati e uccisi molti urlavano “questa non è vera guerra! Questa non è morte! Il sapiente aveva ragione!”.
Gli altri cittadini, dall’alto della roccaforte nella quale si erano riparati, udirono le urla strazianti e compresero che insieme ai seguaci del sapiente non avrebbero mai potuto vincere la guerra. Si considerarono fortunati che gli dei non avessero obnubilato anche loro.
Il giorno in cui i nemici furono scacciati e la guerra fu vinta non rimaneva nessun seguace del sapiente che potesse dire che ne pensasse della vittoria.
Poco tempo dopo, però, un giovane che aveva letto i libri del sapiente iniziò a predicare dal proprio balcone. Diceva che quella che tutti festeggiavano non era una vittoria. In effetti, non vi era mai stata nessuna guerra. 
Alcuni, a cui non piacevano i festeggiamenti, iniziarono a prestargli ascolto.

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