Pubblicato su Vogue.it
La moda sembra sfuggire a un concetto definitivo capace di coglierne tutte le sfaccettature, nonostante filosofi, semiologi e scrittori abbiano provato a definirla. Le forme della moda si trasmettono come un contagio: ecco un’ipotesi per spiegarne la logica.
L’ “epidemiologia delle rappresentazioni” di Dan Sperber, antropologo francese allievo di Lévi-Strauss, può forse fornire una chiave di lettura per spiegare in modo semplice ed elegante i mutamenti della moda.
Secondo Sperber, tutte le rappresentazioni mentali individuali e collettive - idee e forme sociali - si comunicano e trasformano seguendo un principio di ottimalità: la mente umana preferisce rivolgersi a ciò che esibisce il rapporto migliore tra sforzo necessario per l’elaborazione ed effetto provocato. In altre parole, preferiamo le cose più rilevanti, quelle che nel contesto delle nostre idee richiedono il minimo sforzo di comprensione e il massimo effetto informativo o estetico.
Se questo è vero, l’arbitrio della moda può sembrare un po’ meno casuale di quanto spesso non si creda. Anche una moda quanto mai eccentrica seguirà il principio di rilevanza: le sue forme vestimentarie tenderanno a essere le migliori in termini di difficoltà di comprensione a partire da un insieme di dati contestuali (la moda precedente, il gruppo sociale ecc.) ed effetto estetico perseguito.
Dato un certo contesto, dunque, a parità di effetto estetico è più rilevante l’abito più semplice da comprendere; viceversa, a parità di comprensibilità è più rilevante l’abito che produce l’effetto cognitivo più notevole.
Volete dunque essere stilisti di gran voga? Ottimizzate la rilevanza dei vostri abiti!
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