A Heidegger devo molto, incluso il fatto di aver *deciso [noterò con un * tutti i concetti che si possono ricondurre alla mia *comprensione della filosofia heideggeriana] di studiare filosofia. All'ultimo anno di liceo mi pareva che il suo *essere-per-la-morte fosse la cosa più importante che si potesse studiare, che io potessi studiare. La *possibilità suprema, ossia la possibilità che tutte le possibilità diventino impossibili.
Se non avessi incontrato Heidegger al liceo, di sicuro mi sarei *salvato...
Di ritorno dal Giappone per un breve viaggio, mi è tornato in mente un libretto in mio possesso su "H e l'Oriente" e me lo sono portato appresso per la vacanza agostana. Non l'avessi mai fatto, e soprattutto non ne avessi mai scritto su Facebook, dove Jacopo Valli mi attendeva al varco col suo nondualismo antiscientista...
Risultato: ora devo leggermi diversi libri su H e i filosofi giapponesi della Scuola di Kyoto, a cominciare da "On Buddhism" di Keiji Nishitani, interlocutore di H, nonché tutto ciò che mi permetta di ricollegarmi ai miei antichi studi universitari heideggeriani (fu Deleuze a salvarmi da H e Derrida).
La mia attuale intuizione, è che HEIDEGGER FOSSE STUPIDO. Lo so che a molti questa affermazione sembrerà la definitiva dimostrazione della MIA stupidità, non importa: la *storia della filosofia è costellata di filosofi che detestano cordialmente qualche Grande del *pensiero.
(Nota: con questo non intendo che io sia parte della storia della filosofia. Non sono stupido).
D'ora in poi - e per il resto della mia vita! - cercherò di collezionare tutte le stupidaggini di Heidegger, impegnandomi naturalmente a dimostrare che si tratta effettivamente di stupidaggini.
Insigni ricercatori (Adorno, Bourdieu, Farias, Faye) hanno dedicato parte del loro tempo a dimostrare che H fosse intrinsecamente nazista, che il suo pensiero fosse nazista: questo, assieme a nonno Deleuze, io lo do per scontato.
Cercherò piuttosto di mettere in luce gli aspetti RIDICOLI del profeta di Todnauberg, così come essi appaiono ai miei (ridicolo) occhi.
Ritengo che tali aspetti costituiscano materia essenziale per un film su H (un film su H è un mio vecchio progetto, ma in passato mi sfuggiva la vena comica del poetastro baffuto).
PS: fu Edgard Reitz a rivelarmi, un mattino in cui lo accompagnai a colazione al collegio Ghislieri, che avrebbe voluto fare un film su Wittgenstein presentandolo come "comico". L'idea era buona, ma il filosofo giusto non era Wittgenstein: era Heidegger.
PSS (30/04/14): rettifico, non mi impegnerò affatto a dimostrare che le seguenti stupidaggini sono stupidaggini. Se non siete stupidi dovreste essere d'accordo con me.
STUPIDAGGINE 1, H e la tecnica secondo Franco Volpi: "Per Heidegger, in sostanza, non si va oltre la tecnica assumendo
degli atteggiamenti di reazione rispetto ad essa. Nel vortice del
nichilismo della tecnica l'uomo non deve assumere, come dire, degli
atteggiamenti semplicemente di ritorno, di battaglia, di conservazione
del pretecnico, perché la tecnica consumerebbe e roderebbe qualsiasi
tentativo di reagire. Proprio perché per Heidegger essa è una potenza
epocale non può essere riscattata attraverso degli atteggiamenti di
semplice reazione o di conservazione. Per oltrepassare la tecnica è
indispensabile lasciare che la tecnica si dispieghi in tutte le sue
potenzialità. L'unico atteggiamento possibile che Heidegger vede in
questo dispiegarsi della tecnica consiste nell'aiutare la tecnica a
sviluppare tutte le sue possibilità fino all'estremo, e dunque un
atteggiamento che, come dire, raccolga le risorse ancora integre, per
poter mantenere l'equilibrio nel vortice che la mobilitazione totale
della tecnica ha scatenato."
COMMENTO: eliminando le parole retoriche come "vortice" e "mobilitazione totale" (titolo di un libro di Junger) sembra quasi che (secondo Volpi) secondo Heidegger bisognerebbe costruire il maggior numero possibile di centrali nucleari, space shuttle e scudi stellari per affrettare la fine di un'epoca e l'inizio di una nuova epoca. Il tutto, inanellando raffinati testi filosofico-poetici in compagnia di professori universitari occidentali e orientali in visita alla propria semplice baita nel bosco...
STUPIDAGGINE 2: dalla biografia di H. W. Petzet, paragrafo sull'incontro con
"Il monaco di Bangkok", Maha Mani (
).
Heidegger
aveva parlato di ‘abbandono’, di ‘apertura al mistero’. Così, alla fine
si parla dell’essenza della meditazione [Meditation]: cosa significa
per l’uomo orientale? Il monaco risponde del tutto semplicemente:
“Raccogliersi”. E spiega: quanto più l’uomo, senza sforzo di volontà, si
raccoglie, tanto più dis-fa [ent-werde] se stesso. L’‘io’ si estingue.
Alla fine, vi è solo il niente. Il niente, tuttavia, non è ‘nulla’, ma
proprio tutt’altro: la pienezza [die Fülle]. Nessuno può nominarlo. Ma
è, niente e tutto, la piena realizzazione [Erfüllung]. Heidegger ha
compreso e dice: “Questo è ciò che io, per tutta la mia vita, ho sempre
detto.”
Ancora una volta il monaco ripete: “Venga nella nostra terra. Noi La comprendiamo”.
Heidegger è molto scosso. Chiude il colloquio con le parole (rivolte a
me): “Le dica che tutta la mia fama nel mondo non significherebbe per me
nulla, se io non fossi compreso e trovassi comprensione. Di questo non
solo sono grato, ma in questo colloquio ne ho avuto una conferma, quale
raramente mi è toccata.”
Entrambi si alzano e si guardano a lungo.
Poi il monaco si inchina profondamente e va via. Il colloquio è durato
più di due ore e si è fatto notte.
Solo lentamente si scioglie la
tensione. Gli Heidegger mi pregano di restare a cena. Prima, devo
mostrare alla Signora Elfride dove si trova Bangkok su di un vecchio
atlante scolastico. Poi vengono in luce molte piccole osservazioni.
Heidegger ed io conveniamo sul fatto che il volto del monaco ha una
purezza infantile, tra l’animale e lo spirituale, ma mostrata senza
‘infantilità’, poiché vi è la più profonda consapevolezza. E che
attraverso il viso diventa visibile la santità di tutta la persona.
Meravigliosi i profondi occhi che, a differenza dei giapponesi, guardano
dritto negli occhi. Nessun dualismo tra spirito e sensi. La serietà, ma
anche la serena allegria: questo resta indimenticabile.
D’altra
parte, Heidegger ha sentito fortemente che uomini come il monaco non
avvertono neanche ciò che significa realmente l’apparato tecnico che noi
usiamo. Essi lo prendono e lo usano come un martello o un ago. Tanto
poco sono impressionati dalla tecnica occidentale, altrettanto poco
sanno cosa accade nella ‘In-stallazione’[Ge-Stell].
Doveva aver
ragione. Circa un anno dopo l’incontro con il monaco (o forse di più?),
un giorno mi chiamò: aveva da parteciparmi qualcosa di triste. “Il
monaco col quale ebbi quel bel colloquio ha abbandonato il suo Ordine e
ha assunto un lavoro in una società televisiva americana.”
COMMENTO: numerosi spunti, qui, gustosissimi. Inizierei sottolineando la necessità di "mostrare alla Signora Elfride dove si trova Bangkok su di un vecchio
atlante scolastico". La signora Elfride, nazista convinta e antisemita conclamata, evidentemente nelle scuole del Terzo Reich non aveva imparato a consultare un atlante. Ma a Martin piaceva per la sua fresca e originaria femminilità.
Venendo a Martin, frasi come "Questo è ciò che io, per tutta la mia vita, ho sempre
detto" mi riportano alla mente il caro zio Leone: anche lui diceva sempre "io dico sempre...".
Pregevolissimo l'epico momento in cui Heidegger è "molto scosso": “Le dica che tutta la mia fama nel mondo non significherebbe per me
nulla, se io non fossi compreso e trovassi comprensione.”
Si evince che Martin temeva moltissimo di essere ammirato senza reale comprensione, solo per vezzo, magari per il suo severo e diginitoso aspetto fisico (non fu lui che una volta disse a Jaspers che Hitler aveva delle mani bellissime?). Mettiamoci nei suoi panni: stuoli di ammiratori lo considerano uno dei più importanti filosofi viventi e lui è triste perché pochi lo comprendono davvero. Terribile. Per fortuna ogni tanto arriva un monaco buddhista dalla Tailandia a risollevare la media della comprensione di Heidegger. Anzi no, perchè poco dopo si capisce che anche il tailandese era un babbione come gli occidentali: "D’altra
parte, Heidegger ha sentito fortemente che uomini come il monaco non
avvertono neanche ciò che significa realmente l’apparato tecnico che noi
usiamo. Essi lo prendono e lo usano come un martello o un ago. Tanto
poco sono impressionati dalla tecnica occidentale, altrettanto poco
sanno cosa accade nella ‘In-stallazione’[Ge-Stell]."
Non per nulla il monaco furbastro, l'anno successivo (forse dopo aver capito il senso della filosofia di Heidegger) decise di andare negli USA a lavorare in televisione. O tempora o mores.
STUPIDAGGINE 3. A Zollikon, Ginvera Bompiani chiese in francese a Heidegger se conoscesse la musica di Nietzsche. Poiché Heidegger
non capiva bene il francese, equivocò che Ginevra gli stesse chiedendo
se conosceva Nietzsche.
COMMENTO: Quando si dice "insight", "principio di carità" e "massimizzazione della pertinenza" non si pensa di sicuro a Heidegger.
STUPIDAGGINE 4. Citato in "Perché ancora la filosofia", Carlo Cellucci, p.4:«nessun sapiente proverà invidia per gli ‘scienziati’ – gli schiavi più miseri dei tempi più recenti».
COMMENTO: Quando si dice "insight", "principio di carità" e "massimizzazione della pertinenza" non si pensa di sicuro a Heidegger.
STUPIDAGGINE 4. Citato in "Perché ancora la filosofia", Carlo Cellucci, p.4:«nessun sapiente proverà invidia per gli ‘scienziati’ – gli schiavi più miseri dei tempi più recenti».
COMMENTO: no comment.
STUPIDAGGINE 5. Citato in "Heidegger, antisemita e vero nazista", Ranieri Polese: «Ma può essere un caso che il mio pensiero e le mie questioni
nell’ultimo decennio siano stati rifiutati proprio in Inghilterra, e che
non si sia fatta nessuna traduzione delle mie opere?».
COMMENTO: Ehi, Martin, non credo affatto che sia stato un caso: a quel tempo, prima che voi crucchi cominciaste a bombardarli, i britannici avevano già a che fare con Wittgenstein. Wittgenstein, hai presente? (Che pure apprezza la tua nozione di angoscia, in un suo frammento).
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