Michel Thomas, alias Michel Houellebecq, è stato per anni
considerato uno scrittore scandaloso, politicamente scorretto,
addirittura un portavoce del fascismo europeo (come disse un Baricco
straordinariamente abbagliato). La carta e il Territorio è il
suo ultimo romanzo e per molti versi appare come un commiato
dall’intensità della precedente scrittura, spesso quasi
insopportabile per temi e passioni tristi. Houellebecq sembra ora
avere raggiunto una specie di atarassia artistica, se non
esistenziale (anche se vedendolo da vicino emana un gran senso di
quiete).
Houellebecq è diventato celebre per gli effetti speciali a base
di molto sesso, trattato in maniera quasi pornografica, ma i suoi
libri sono intrisi di cultura filosofica: e per essere un
intellettuale francese dell'epoca d'oro della postmodernità lo
scrittore ha un punto di vista decisamente poco simpatetico verso la
produzione filosofica dei suoi connazionali.
D: L'ho sempre considerata come uno dei più filosofici tra i grandi
scrittori contemporanei, ma so che lei ha detto cose molto aggressive
contro la filosofia occidentale... non ha proprio nessuna stima per
la filosofia contemporanea, in particolare quella francese dei
Deleuze, Foucault, Derrida ecc.?
R: No. Diciamo che c'è un décalage, o meglio una divergenza che si
è prodotta tra la filosofia e la scienza e che invalida il discorso
filosofico. O meglio: non lo invalida ma lo posiziona nel campo della
letteratura. Deleuze è piuttosto un buon poeta, a tratti, Derrida è
un poeta di merda. È vero che ho una certa simpatia per Deleuze, ma
piuttosto per una specie di dimensione di sogno che apporta, una
dimensione onirica. Ma non posso prenderlo sul serio. Ci sono ancora
dei filosofi francesi seri, ma il problema è che mi sento un po'
superato sul piano intellettuale. Non solo francesi, d'altronde.
D: Intende i filosofi analitici?
R: Sì i filosofi analitici, ma oltre un certo punto non arrivo, è
troppo complicato. Per esempio, il teorema di Goedel l'ho capito una
volta, ma penso che non saprei più fare la dimostrazione. Per me
però è lì che si situa l'aspetto serio della filosofia, una specie
di corrente di pensiero derivata dal positivismo logico[1].
Carnap salvava Heidegger come poeta lirico, e direi a giusto titolo:
leggendo Heidegger si prova un'emozione realmente poetica.
D: Heidegger le piace?
R: Sì mi piace, ma è la pretesa di essere filosofo che mi
infastidisce un po'. "Romanzo" non si potrebbe dire
propriamente, ma come poema Essere e tempo andrebbe bene!
D: Si è parlato molto del suo rapporto con l’Islam e i raheliani,
ma si è parlato un po' meno del suo rapporto con il buddhismo: lei
ha scritto che considerava il buddhismo come una possibilità, mentre
adesso il buddhismo le sembra inoperante, perché anche la
mancanza di desiderio è triste.
R: Beh, intanto il buddismo intellettualmente non è minacciato,
grazie alla celebre risposta di Buddha sui problemi metafisici, più
o meno: non si era interessato ai problemi metafisici perché non
erano interessanti. È una risposta assai insolente ma che salva...
Dunque exit la questione metafisica. Devo riconoscere che non
ho voglia che il desiderio si spenga in me, il che… non è molto
buddhista...
D: Ho l’impressione che nel suo ultimo romanzo, e forse anche in La
possibilità di un'isola, lei faccia meno resistenza al concetto
di individuo.
R: Diciamo che è un concetto molto sopravvalutato: per dirla
grossolanamente le persone sono molto più simili tra loro di quanto
non si immaginino... è un concetto che va relativizzato. Gli uomini
differiscono tra loro un po' più dei cani – per prendere degli
animali che conosco bene – ma non molto di più, ecco. La mia è
piuttosto un'incitazione a una valutazione oggettiva
dell'individualità.
D: È noto che lei non ha grandi simpatie per la psicoanalisi, e data
la sua formazione scientifica ci si potrebbe aspettare che lei fosse
più interessato alla psicologia scientifica[2]
e alle neuroscienze cognitive. Tuttavia ho l’impressione che per
descrivere gli esseri umani lei faccia ricorso al suo sguardo
riflessivo, come nella tradizione dei moralisti francesi. Come dice
Chomsky: la letteratura insegnerà sempre più sull'animo umano di
quanto non potrà fare la filosofia...
R: Be', lui si impegna un po' alla leggera, il “sempre” è
discutibile, però sì, al momento attuale è quella [la posizione]
che funziona meglio. Le neuroscienze fanno qualche progresso, ma che
io sappia non c’è ancora un concetto chiaro di che cos’è la
coscienza, il sapere è molto lacunoso. È vero d’altronde che la
psicoanalisi è stata un tentativo di teorizzare a partire da niente,
a partire da intuizioni vaghe, e quindi di introdurre dei concetti
sfocati, l’inconscio, il super-Io, ecc., insomma: un tentativo di
teorizzazione prematuro. E all’ora attuale siamo ancora PRIMA della
possibilità di una teorizzazione su basi solide. Ma dire che sarà
così “per sempre” è esagerato, comunque.
D: Da qualche parte lei ha detto che scrive con il desiderio di
venire contraddetto...
R: Ho l'impressione di avere scritto certe cose forse con quello
spirito, ma sicuramente non tutte...
D: Era a proposito della società contemporanea, per dire che quando
lei la descrive così negativamente non è perché si compiaccia di
quell’immagine, ma piuttosto con la speranza di venire
contraddetto. Allora secondo me contraddirla vorrebbe dire scrivere
ottimi romanzi che parlassero di individui e coppie felici, società
equilibrate. Sul piano filosofico ci sarebbe davvero bisogno del
buddhismo per cercare di contraddirla. Però mi sembra che il suo
ultimo romanzo vada un po’ in questa direzione, perché Jasselin,
(il personaggio di) Houellebecq e Jed non ha avuto “una vita
malvagia”. Quindi – la domanda è questa: una vita e un’opera
felici sono possibili?
MH: ...mmm... (ci pensa qualche istante). Be’ si può dir di sì, e
in più per tre vie differenti: una, lavoro soddisfacente, pensione,
coppia; l’altra, solitudine e lavoro puro; la terza un po’ di
lavoro, cane, campagna... Quindi tre vie distinte che sembrano tutte
e tre felici…
Per citare Schopenhauer, che è il pessimista per eccellenza, lui
dice alla fine del suo diario: "in fondo non me la sono cavata
così male". Non è l'estasi ma è un po' così.
EA: forse questo ha qualcosa a che fare col buddhismo, con Epicuro?
Non è la
MH: sì sì... (lunga pausa) sì sì… No, Epicuro non è niente
male...
EA: Forse il suo rapporto con i bambini si potrebbe comparare al suo
rapporto con i figli...
MH: Conosco male la sua vita, ma il suo argomento contro la morte è
il migliore?
EA: secondo me non funziona, e mi sembra rientrare bene in ciò che
lei dice sulla filosofia occidentale, ossia che sarebbe un
addestramento ...
MH: ma a rigore non è un argomento contro la morte, il fatto che non
ci sia contatto reale...
D: quando rappresenta la morte di MH quando Jed vede lefotografie dei
pezzi di cadavere, non è un po' come se lei cercasse di vedere la
sua propria morte, ma come se ciò rimanesse radicalemtne
impossibile? Io almeno ho avuto questa impressione...
R: [ci pensa un istante] No, non ha nulla a che vedere con la morte,
ma piuttosto con il dolore. Quando si vede qualcuno fatto a pezzi la
prima reazione che si ha è sentire male, non di avere paura, è un
misto di scoramento e di sofferenza... Ma, passiamo all’arte,
magari, che è anche una questione interessante?
EA: sì certo. Lei sembra ammirare le opere d'arte di Jed ma per
nulla il mondo dell'arte contemporanea... riguardo alla questione
della valutazione delle opere di Jed citando Wittg lei scrive che non
ha alcun senso: c'è qui un elemento di critica al mondo mercantile
dell'arte contemporanea?
MH: Non è nemmeno una critica, non ha proprio nessun senso, non dico
strettamente nulla più di quello che ho scritto: non ha
semplicemente senso, non bisogna cercarlo. Per esempio il prezzo di
questo libro ha un senso, si può calcolare facilmente, si può
fissare il prezzo di questo libro. Il prezzo di un’opera non ha
nessun senso, è interamente legato al desiderio delle persone di
possederla.
… Seguono domanda-risposta su
musica contemporanea; sul successo di un artista...
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