(Da Wikipedia)
Il colpo di Stato anti-chavista [del 2002]
[Pedro Carmona Estanga p]rese parte, insieme ad un considerabile numero di generali e civili, al golpe di Stato, anche conosciuto popolarmente appunto come el carmonazo, ai danni del governo di Hugo Chávez, l'11 aprile del 2002. Il giorno seguente assunse l'incarico di Presidente della Repubblica dopo aver autoproclamato un governo di transizione democratica e di unità nazionale. Di fatto però questo governo risultava completamente illegittimo data la mai avvenuta rinuncia dell'incarico da parte di Chávez, rapito ed in mano ai golpisti.
Carmona con il suo primo decreto sciolse il parlamento, destituì tutti gli altri poteri, dichiarò l'abbandono dell'OPEC da parte del Venezuela, ripristinò la vecchia costituzione abbandonando quella del 1999 votata dal popolo, e cambiò il nome della Repubblica Venezuelana cancellandone la parola Bolivariana.
Tra le prime decisioni di questo governo anche la rinuncia al patto di cooperazione che legava il Venezuela a Cuba, attraverso il quale il Venezuela assicurava 55.000 barili di combustibile giornalieri all'isola come pagamento di servizi di base che includevano l'aiuto di specialisti cubani nelle missioni per assicurare sanità gratuita, istruzione di base e sport.
Rovesciamento ed il ritorno al governo di Chávez
Immediatamente gli Stati Uniti si affrettarono a riconoscere il nuovo governo, seguiti a breve intervallo dalla Spagna di José María Aznar. In seguito si scoprì anche l'appoggio al golpe e quindi al nuovo governo Carmona anche dell'Inghilterra e di Israele [to' guarda, c'è anche Israele: che strano...]. I media venezuelani (tra cui si distinsero RCTV, Globovision, Televen e Venevision) ebbero anch'essi un ruolo determinante sia nell'organizzazione che nell'esecuzione del golpe[1][2] e dato che tutti erano convinti della sua definitiva riuscita, si sbilanciarono in interviste, trasmesse su tutte le reti, dove parlavano del lavoro organizzativo dei militari e civili artefici dell'evento, nascondendo però la verità sul colpo di Stato e le proteste popolari in atto in tutto il Venezuela[3].
Il 12 aprile a Caracas infatti cominciarono seri disordini con saccheggi di negozi (soprattutto di quelli considerati appartenenti a gruppi d'interesseanti-Chávez)[3]. Nei giorni 12 e 13 aprile la polizia uccise più di 200 persone, gli ospedali accolsero centinaia di feriti.
La gente, come già accaduto a Caracas, circondò anche la base dei paracadutisti del generale Baduel a Maracay chiedendo a gran voce il ritorno di Chávez. Lo stesso avvenne in molte altre località; si calcola che in tre giorni più di sei milioni di persone siano scese per le strade a difendere Chávez ed il suo governo.[4]
1^ Maurice Lemoine, "Venezuela’s Press Power", Le Monde Diplomatique, 10 agosto 2002.
2^ Eva Golinger, Venezuelanalysis.com, 25 September 2004, A Case Study of Media Concentration and Power in Venezuela
3^ a b Dinges, John. Columbia Journalism Review (July 2005). "Soul Search", Vol. 44 Issue 2, July–August 2005, pp52–8
4^ a b Rory Carroll, Storia segreta di Hugo Chávez, El Comandante, Newton Compton Editori, 2013, ISBN 978-88-541-5000-3.
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