Di fini d'agosto a Parigi ne ho viste tante perciò mi pare comprensibile che io le confonda le une con le altre. Ma quella del mio primo anno a Parigi la ricordo bene.
Appena arrivato nella metropoli, iniziai a cercare casa insieme a Yves, uno studente di filosofia che avevo conosciuto a Strasburgo durante l'Erasmus e del quale ero diventato amico. Nei giorni del mio sbarco a Parigi si svolgevano anche le Journées Mondiales de la Jeunesse, un mega raduno giovanile mondiale voluto dal papa polacco. Le strade di Parigi formicolavano di scout, e nella metropolitana non c'era spazio per procedere. Spesso per non essere urtati dai cattolici giovinetti bisognava saltare sui rialzi piastrellati che ornano le stazioni parigine della metropolitana. Dovevi aggrapparti a qualsiasi appiglio per non cadere: ti attorniavano fanciulli cattolici in fiore, maschi dalle barbe incerte e femmine dal colorito roseo, con il loro fastidioso strascico di schiamazzi canzoni di merda e immondizie.
Era un'invasione: io la percepivo come tale e Yves, da francese neo-parigino, era ancora più contrariato di me. Lui era cresciuto in una specie di comune fricchettona e odiava i cattolici. In effetti odiava anche i fricchettoni. Durante quei giorni di fine agosto Yves e io cercavamo casa mentre io iniziavo anche la metamorfosi che mi avrebbe trasformato in un tipico studente italiano a Parigi: mi sforzavo di visualizzare l'infinito che finalmente mi si apriva davanti. Ero arrivato nella città dell'infinito dei miei sogni.
Contrariamente alle belle speranze, però, fin dai primi giorni l'accidia mi prendeva esattamente come in Italia. Capitava, una delle prime sere, che mi aggirassi per la città, solo e in preda all’angoscia, guardavo i parigini senza provarne alcun piacere, mi parevano dei perfetti estranei, normali esseri umani privi di qualsiasi aura e charme. Inoltre, dopo un anno trascorso a casa di mio padre nel paese di Cherasco, sentire lo smog mi terrorizzava: pensavo che quell'aria inquinata mi avrebbe procurato il cancro ai polmoni.
Iniziai a domandarmi se venire a Parigi non fosse stato un tragico errore. Scrivevo sul mio diario annotazioni come questa:
10 dicembre 1998
Qualcosa non funziona: mi sveglio a mezzogiorno (perché non ero riuscito ad addormentarmi) e mi prende la voglia lontana di ammazzarmi... La merda è sublime. Il sublime è merda.
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