Man mano che il mio fallimento diventava evidente, trovavo sempre più conforto nella bellezza di Parigi. Che tipo di bellezza ha una città? Si tratta di una bellezza che il genere umano conosce da millenni, il fascino delle città babilonesi o egizie doveva colpire dolorosamente gli uomini che vi erano esposti, come qualcosa di meraviglioso, sacro e inquietante, umano e divino. Posso solo provare a immaginare che cosa provasse un giorno lontano nei secoli un giovane contadino varcando per la prima volta in vita sua la porta di Ishtar.
Il grande Kant, nella Critica del Giudizio, dà diverse geniali definizioni di bellezza*, che personalmente ritengo estremamente valide ancora oggi che ho studiato molta più filosofia di quando ero a Parigi. Ma le definizioni kantiane non si applicano alla bellezza delle città, artefatti umani con la proprietà di apparire semi-naturali. Parigi mi appariva bella in modo violento, inutile e triste, come una donna che ti fa desiderarla e non si accorge di te, ma non puoi smettere di sperare che ti rivolga lo sguardo.
Affranto per la prospettiva di non poter legittimare la mia presenza a Parigi agli occhi della mia classe sociale, di mio padre, di me stesso, attraversavo le strade di Parigi riempiendomi gli occhi di immagini urbane, sempre più cosciente di condurre un’esistenza precaria, persona sbagliata nel luogo, ahimé, sbagliato, perché a me non destinato.
Attraversavo i ponti di Parigi guardando la Senna e le due rive, in prospettiva, mentre mi muovevo, immaginando una sequenza filmica in camera-car, innalzavo gli occhi ai pinnacoli di Notre-Dame, scendevo e risalivo nella metro, talvolta a caso, come in una deriva psicogeografica situazionista.
Uno dei miei luoghi preferiti era banalmente Place des Vosges. Giada, la bella ballerina torinese, vi affittava una stanza, nella casa di una vecchietta miliardaria e alcolizzata.
Tutte le volte che si trattava di riaccompagnare le ragazze a casa, io non mi tiravo indietro (tutti noi studenti italiani, ritenevamo che a Parigi fosse meglio che le ragazze non andassero in giro da sole la notte, e infatti seppi più tardi che un’amica di Yves era stata violentata una notte per strada, non lontano da Place des Vosges).
Una sera riaccompagnai Giada. Entrammo in quella meravigliosa piazzetta, ormai deserta, verso l’una di notte. Tutto taceva, sembrava di essere in una qualunque piazzetta sperduta, e invece è considerata la piazza più bella di Parigi. Anche Victor Hugo aveva una casa lì, al numero 6, ma questo l’ho scoperto più tardi. Quando riaccompagnavo Giada a casa, o quando andavo a trovare Caterina, che abitava subito oltre la piazza, io guardavo quei magnifici palazzi con le facciate rosse, i portici con gli archi a tutto tondo, i tetti di ardesia, gli abbaini misteriosi, da uno dei quali si affacciava la stanzetta di Giada, che a trovare quella stanzetta a poco prezzo aveva avuto un grandissimo culo.
Giada aveva un grandissimo culo in tutti i sensi, ma io ero un maschio non-alfa: riaccompagnavo e tornavo a casa mia a ubriacarmi di più.
*1. Il Gusto è la facoltà di giudicare un oggetto o un modo rappresentativo mediante un compiacimento, o un dispiacimento, senza alcun interesse. L'oggetto di tale compiacimento si chiama bello; 2. bello è ciò che piace universalmente senza concetto; 3. bellezza è forma della conformità a scopi di un oggetto, in quanto essa viene percepita senza rappresentazione di uno scopo; 4. bello è ciò che viene riconosciuto senza concetto come oggetto di un compiacimento necessario.
Nessun commento:
Posta un commento