Dopo anni di famigliarità con la lettoscrittura ho improvvisamente scoperto un modo per accelerare l'esperienza del tempo: concentrarsi scrivendo, lasciarsi trasportare dal flusso del da-scrivere.
Come sempre, quando si parla di analisi dell'esperienza temporale, sembra che si possano invertire accelerazione/rallentamento (cfr. la discussione pertinente in La montagna incantata): mentre scrivi hai l'impressione che il tempo acceleri, ma ti sembra anche di occuparlo senza contarlo (cfr. Boulez/Deleuze: spazi e tempi lisci/striati).
Quindi accelera o rallenta? Sembra rallentare considerando la quantità di azioni che svolgi al suo interno, ma l'esperienza soggettiva è di velocità: quando interrompi la scrittura credi che sia passato più tempo di quello che è efettivamente passato.
Ho l'impressione che nella lettura accada il contario: mentre leggi hai l'impressione che il tempo rallenti (invece trascorre).
Ovviamente, tutto questo potrebbe essere ampiamente soggettivo: per un primo riscontro in letteratura, verificare in:
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