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giovedì 3 giugno 2010

Il sesso delle cose (Vogue2)


Pubblicato su Vogue.it


Secondo Mario Perniola non possiamo più distinguere il corpo e gli abiti. La pelle è un tessuto e gli abiti sono una seconda pelle, indistinguibile dalla prima. Anche questo è ciò che Benjamin chiamava “sex-appeal dell’inorganico”. Nel caos postmoderno le cose non hanno più senso ma fanno sesso. “La lingua che mi pervade e mi copre, il sesso che mi penetra e mi indossa, la bocca che mi succhia e mi spoglia, tutto è metafora vestimentale. (…) Le pieghe del sesso femminile non sono diverse dagli affossamenti del tessuto del sedile, la pelle che scorre lungo l’asta del sesso maschile è affine alla fodera del bracciolo: le vesti di carne dei nostri corpi, liberate dal tempo e sospese in un incanto senza attesa, sono l’oggetto di un investimento sessuale infinito ed assoluto che potrebbe sembrare più consono a un sarto, a una modista, a un tappezziere impazziti che ad un filosofo”. Secondo Perniola il filosofo deve proclamare che il regno delle cose è “l’impero di una sessualità senza orgasmo”, neutra, sospesa e artificiale (Mario Perniola, Il sex appeal dell’inorganico, Einaudi, 1994).

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