A dare retta al filosofo Oswald Spengler, si direbbe che il tramonto dell’Occidente sia iniziato più di un secolo fa, anche se non se ne vede ancora la fine.
In epoche di crisi come la nostra, i simboli a lungo lasciati vivere indisturbati diventano simboli scottanti, all’incrocio di terreni di battaglie ideologiche (si pensi al crocefisso in aula).
Babbo Natale è uno di questi simboli, apparentemente innocui, segnali di epoche storiche appena trascorse, eppure irrecuperabili: la sua sorte sembra essere definitivamente segnata.
In Nightmare before Christmas Tim Burton riservava a Santa Klaus (“Babbo Nachele”) una divertentissima serie di crudeltà: a causa di un equivoco veniva rapito e torturato prima di essere quasi ucciso da alcuni abitanti del regno di Halloween che avevano mal interpretato la volontà del suo sovrano, Jack Skeletron.
Il capolavoro di Burton inscena diverse inquietudini proprie dell’immaginario natalizio: non in tutti i mondi si può capire il messaggio di gioia e bontà di cui è latore Babbo Natale. Se si abita un mondo orripilante (come quello di cui il mondo di Halloween è un’iperbole) il messaggio sarà inevitabilmente distorto e impregnato dell’orrore noto.
In una società che fatica ad andare avanti, per non dire peggio, chi può ancora provare una gioia autentica di fronte a un simbolo fasullo come Babbo Natale? (La leggenda metropolitana secondo cui il Santa Klaus a noi noto sarebbe un’invenzione della Coca Cola è falsa, ma significativa).
A fronte di persone il cui tenore di vita non è tale da permettere grandi sprechi nemmeno sotto le feste, a meno di indebitarsi, ci sono numerose altre persone che vorrebbero proteggere il loro mondo dorato, e continuare a far credere ai loro bambini che Babbo Natale esiste e porta i doni ai bimbi buoni.
Purtroppo Babbo Natale non esiste, come ben sapevano le generazioni italiane precedenti il dominio del consumismo. E dopo una breve parentesi legata alla volontà di felicità della generazione del boom economico, di cui la Generazione X è figlia, ora questo è più evidente che mai: nessuna finzione edificante è possibile, e di fronte ai bambini si estende quello che, con un prestito da Matrix, lo psicoanalista e filosofo sloveno Slavoj Zizek chiama il deserto del reale.
Benvenuti nel deserto del Natale.
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