Scrivo di Leo per fissare i miei ricordi. Così facendo forse gli disubbidisco per l'ultima volta, perché sottraggo tempo allo studio e alla mia tesi di dottorato. Del resto lui non potrà più leggerla.
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La prima volta che l'ho visto, non potevo sapere che Leonardo sarebbe diventato per me una figura paterna, l'unica figura paterna che mi rimanesse. Quando l'ho conosciuto aveva 55 anni: l'età che aveva mio padre quando è morto.
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Una volta andavo a correre di domenica insieme a J. e avevo insistito perché venisse anche Leo. Volevo convincerlo della bellezza della corsa. Lui giocava a calcetto tutte le settimane, ma non andava mai a correre perché la cosa non lo attraeva per nulla. La prospettiva di venire con me e J, però, alla fine lo aveva convinto.
Io e Leo raggiungemmo il luogo della corsa ognungo con la propria auto. Prima di posteggiare gli telefonai - mancavano dieci minuti circa all'appuntamento - e lui mi disse che aveva trovato traffico e che non c'era parcheggio, perciò avrebbe tardato un po'. Ma uscendo dalla mia auto dimenticai il telefonino.
Raggiunsi J. che non aveva avuto alcun interesse particolare per coinvolgere Leo nell'impresa domenicale. Anzi, J. aveva lavorato con lui all'università, ma non si erano lasciati molto bene.
J e io iniziammo a saltellare aspettando Leo: i minuti passavano e io mi accorsi di non poter comunicare con lui perché avevo dimenticato il cellulare in macchina.
J., che aveva un appuntamento di lì a poco, iniziava a manifestare il desiderio di iniziare a correre, io ero imbarazzato e non sapevo che fare. Avrei potuto aspettare Leo, ma mi dispiaceva anche lasciare J. da solo. Aspettammo un quarto d'ora e poi partimmo per la nostra corsa, mentre mi dicevo che avremmo forse incontrato Leo al ritorno...
Il giorno dopo, in università, andai da Leo per scusarmi dell'incidente. Lui mi bloccò subito, e con una delle sue facce più serie e raggelanti mai viste mi disse: "di questa cosa non parleremo MAI PIÙ".
Perciò non ho mai saputo che cosa abbia fatto Leo una volta arrivato all'appuntamento, non vedendoci. Me lo immagino che quando realizza di essere stato abbandonato si adira e senza nemmeno fare due passi nel parco si accende una sigaretta e torna in macchina.
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Leo tifava Inter e per almeno tre compleanni di fila ho cercato di regalargli "Interismo, leninismo" (Manifestolibri). Ma ogni volta mi sono mosso all'ultimo momento e non l'ho mai trovato in libreria. E non ho mai compiuto il semplice gesto di ordinarlo.
Ci tenevo a regalargli quel libro, ma forse avevo paura che a lui non piacesse e che me lo criticasse spietatamente come faceva spesso, anche con certe mie trovate che a me sembravano buone, mentre per lui erano evidenti stronzate.
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Leonardo leggeva molti libri. Un paio di anni fa disse che stava terminando l'Orlando furioso. Io mi stupii e lo invidiai molto, perché da giovane ho letto d'un fiato la Gerusalemme Liberata, ma l'Orlando mai.
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Una sera siamo andati insieme alla festa di un centro sociale anarchico: i partecipanti portavano da bere, si mettevano le bevande in frigo e poi ci si serviva del proprio.
Il frigo stava dietro un bancone e alcuni visitatori che non avevano ben chiara la modalità auto-organizzata di fare festa chiedevano da bere a chi stava vicino al bancone. In questo modo, Leo servì alcuni ragazzi di birre e cocktails. Un tizio volle lasciargli dei soldi per il centro sociale: evidentemente aveva preso Leo per uno dei padroni di casa e lui si era comportato come tale, servendo tutti e infilando dentro al frigorifero i soldi non richiesti.
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Questa è una delle mail piene di humour che inviava sempre a tutto il Dipartimento: "Sono felice per il nostro laureando, ma non comprendo bene questo flusso di messaggi. A me pare che sia IBM research a dover essere onorata di aver un nostro laureato presso di loro, piuttosto che viceversa. Questo, se non altro, perchè la ricerca che si fa in Dip non ha nulla da invidiare a quella di IBM (a parte la quantità di soldi). Leonardo
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Questa è una delle mail piene di humour che inviava sempre a tutto il Dipartimento: "Sono felice per il nostro laureando, ma non comprendo bene questo flusso di messaggi. A me pare che sia IBM research a dover essere onorata di aver un nostro laureato presso di loro, piuttosto che viceversa. Questo, se non altro, perchè la ricerca che si fa in Dip non ha nulla da invidiare a quella di IBM (a parte la quantità di soldi). Leonardo
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L'ultima volta che ho parlato della mia tesi con Leo e' stato un mese e mezzo fa. Gli ho detto che stavo aggiungendo vari paragrafi man mano che mi venivano in mente questioni connesse al topic, ma che il rischio era di divagare troppo. "Si' - mi disse - ormai ho capito come funziona la tua mente".
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Quando un mese fa ho visto Leo per l'ultima volta al matrimonio di A., lui disse a Viviana: la prossima volta che ci vediamo in chiesa potrebbe essere quella buona
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Davanti alla camera
ardente facemmo un po' di conversazione con la dolcissima
figlia di Leo. Non sapevamo se lui avesse lasciato indicazioni per la
sua sepoltura e lei disse che quando l'argomento saltava fuori Leo
rispondeva che potevano fare come volevano, non era affar suo:
“quando siamo morti siamo solo carne per i vermi”.
Il suo humour poteva
essere anche molto nero, come in questo caso, ma Leo non era mai
cinico, tutto quello che diceva per ridere lo diceva con un sorriso
autentico che testimoniava quanto fosse forte in lui la vis comica
(tanto quanto la vis polemica).
Penso che non sia vero
che dopo la morte non ci sia niente: ci sono i cari superstiti, il
loro ricordo vivo e molteplice è una forma di vita del defunto, una
forma molto simile alla verità, al senso della vita estinta (solo)
fisicamente. L'anima esiste nelle tracce, e perciò non è mai individuale.
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Pensavo ormai di conoscerlo da un'infinità di tempo, da sempre, come un parente più grande. E invece ora che è morto mi accorgo che lo conoscevo soltanto da 6 anni.
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