E’ tutta, In ogni umano stato, ozio la vita, Se quell’oprar, quel procurar che a degno Obbietto non intende, o che all’intento Giunger mai non potria, ben si conviene Ozioso nomar. (Giacomo Leopardi)

venerdì 20 dicembre 2013

Adulti che parlano come bambini (Intuizione 21)

Quando parlano con un bambino piccolo, a molti adulti viene spontaneo parlargli in bambinese.
Viene spontaneo pensare di dover risparmiare al bambino lo sforzo di intuire il significato della parola, di fare inferenze alla base della normale comprensione linguistica propria della nostra specie. Cone se lo sforzo mentale fosse di per sé nocivo (lo è se non corrisponde a un'adeguata informazione).
Sforzarsi di non cedere alla tentazione regressiva non può che essere salutare. Per il bambino e per l'adulto.

lunedì 16 dicembre 2013

I 120 componenti della Direzione Nazionale del nuovo PD

Da oggi, o italiani progressisti, sperate in loro o prendetevela con loro:

Manuela Rontini, Cristiana Alicata, Giovanna Martelli, Silvia Fregolent, Teresa Armato, Francesca Puglisi, Francesca Bonomo, Simona Bonafe’, Alessia Rotta, Roberta Pinotti, Raffaella Paita, Mila Spicola, Lorenza Bonaccorsi, Estella Marino, Sabrina Capozzolo, Marina Sereni, Silvana Amati, Patrizia Prestipino, Elisa Filippi, Alexandra Coppola, Assunta Tartaglione, Giuliana Palma, Nadia Ginetti, Annapaola Concia, Maria Antezza, Laura Cantini, Teresa Piccione, Daniela Sbrollini, Claudia Mancina, Caterina Pes, Laura Venittelli, Lura Venturi, Marta Giovannini, Stefania Pezzopane, Caterina Bini, Cecile Kyenge, Lia Quartapelle, Rosa Maria Di Giorgi, Anna Ascani, Rosanna Filippin, Laura Puppato, Ilda Curti, Annapaola Cova, Marina Terragni, Elly Schlein, Beatrice Brignone, Elena Gentile, Rita Castellani, Maria Carmela Lanzetta, Graziano DelRio, Roberto Reggi, Matteo Richetti, Roberto Giachetti, Ermete Realacci, Paolo Gentiloni, Emauele Lodolini, Goffredo Bettini, Ernesto Magorno, Sandro Principe, Ettore Rosato, Antonello Giacomelli, Dario Nardella, Nicola Danti, Fabio Maccione, Emanuele Fiano, Gianluca Lioni, Renato Soru, Mario Morgoni, Antonio De Caro, Andrea Marcucci, Gavino Manca, Luigi Famiglietti, Fausto Recchia, Ivan Scalfarotto, Angelo Rughetti, Franco Mirabelli, Bruno Astorre, Marco Donati, Marco Guasticchi, Ciro Bonaiuto, Roger De Menech, Roberto Bizzo, Vincenzo De Luca, Salvatore Margiotta, Francesco Sanna, Francesco Boccia, Marco Minniti, Giorgio Tonini, Andrea Martella, Felice Casson, Paolo Cosseddu, Enzo Martines, Mirko Tutino, Samuele Agostini, Andrea Ranieri, Marco Sarracino, Thomas Castangia, Barbara Pollastrini, Concetta Raia, Rosa D'Amelio, Micaela Campana, Enza Bruno Bossio, Margherita Miotto, Valeria Fedeli, Anna Rossomando, Emma Petitti, Sesa Amici, Paola De Micheli, Michele Meta, Giuseppe Fioroni, Andrea Cozzolino, Roberto Gualtieri, Andrea Orlando, Matteo Orfini, Francesco Verducci, Andrea Manciulli, Stefano Fassina, Nico Stumpo, Alfredo D'Attorre, Maurizio Martina.

15/12/2013 8.15.08 - http://www.salernonotizie.it/notizia.asp?ID=54286

PS: una di queste persone, una volta mi ha bloccato su Facebook perché avevo contestato al PD di non supportare adeguatamente la scuola pubblica. Dopo avermi bloccato mi ha inviato una delirante email schiumante rabbia cazzate e minacce.
Indovinate chi è tra i 120? :-D

domenica 15 dicembre 2013

Memorie d'altri tempi. La rottura con i progressisti.

(Un ricordo suscitato dalle discussioni sui cosiddetti "forconi" torinesi)

In fondo, che con l'idiozia di sinistra mi sarei sempre scontrato avrei dovuto capirlo fin da quella campagna elettorale del 2001. L'accordo tra il centro-sinistra e Rifondazione era fallito e io non avevo ancora deciso per chi votare. Propendevo per Rifondazione, le cui ragioni mi parevano migliori, ma - essendo giovane  e pauroso - non volevo favorire la vittoria di Berlusconi.
Siccome mi è sempre piaciuto impegnarmi in qualcosa di inutile ma che mi fa sentire meglio, dopo essere andato a una riunione di cinque tristi compagni di Rifo, decisi di propormi al PD per dare una mano: avrei poi sempre potuto votare a mio piacimento ma almeno potevo rendermi utile per il presunto ideale schieramento comune.
Quelli del PDS, tra cui la futura attuale sindaca della mia città, mi misero a imbustare lettere elettorali, cosa che in parte umiliava le mie capacità intellettuali, ma in parte gratificava la mia stupida voglia di militanza.
Mentre si imbustava, si chiacchierava della situazione. A un certo punto una signora a me ben nota esclamò: "I giovani sono indecisi se votare Fini o Rifondazione. Quello che mi fa più rabbia è che Bertinotti è contento che vinca Fini!".
Lì non ci vidi più, mi pulii la lingua dalla schifosa colla progressista del cazzo, e le vomitai addosso tutto il mio disappunto: fu molto sorpresa di scoprire che seppur mi trovavo lì a imbustare le loro lettere di merda io simpatizzavo per Rifondazione.
Ovviamente non tornai più da loro, augurandogli di venire puniti dalla realtà, e votai convintamente Rifondazione sia alla Camera che al Senato (la decisione ultima la presi mentre scendevo a piedi la mia collina per recarmi al seggio: riflettei per tutto il cammino e la catena dei sillogisimi mi confermò che non si poteva stare dalla parte dei falsi riformisti).
Forse fu per quello che, come noto, perdemmo le elezioni.
Per un po' mi sentii abbastanza in colpa; forse quel senso di colpa fu determinante nel 2008, quando pensai bene di votare PD per la prima e ultima volta in vita mia (in realtà non è del tutto vero: alle comunali avevo già votato il marito di quella geniale signora, per motivi affettivi).
Poco dopo le elezioni vidi che Veltroni non aveva alcuna intenzione di fare opposizione e compresi che aveva voluto perdere: meglio Berlusconi che allearsi con i comunisti.
Chi è che era più contento per la vittoria di Fini? Il comunista stupido ed egocentrico oppure il traditore affarista e servo della borghesia? Dopo 12 anni non ho più alcun dubbio.

Animali da branco (Intuizione 19)

Chi è abituato ad appartenere a un gruppo sociale come se ciò fosse naturale e inevitabile non tollera facilmente chi da quel gruppo sociale mostri di volersi allontanare, non importa se in una direzione astrattamente buona o cattiva.
L'appartenenza a un gruppo sociale si fonda sulla tacita accettazione psicologica del far parte del gruppo: chi metta in discussione, chi espliciti quell'accettazione, è percepito come anomalo, fastidioso, intollerabile, pericoloso, egocentrico, individualista, malato, pazzo.
Il gruppo attenderà paziente di poterlo stigmatizzare alla prima occasione: e la rovina del traditore sarà considerata prevedibile e giusta.

Intuizione, 18 (Nominalismo rivoluzionario)

La cultura non esiste.
Esistono soltanto individi (dotati di rappresentazioni mentali ed affetti), pratiche, società.

giovedì 12 dicembre 2013

Massimo Zanetti: La Vandea dei forconi invade Torino. Un’interpretazione dell’attuale protesta sociale “dei forconi”

La Vandea dei forconi invade Torino.
Un’interpretazione dell’attuale protesta sociale “dei forconi”


Di Massimo Zanetti*

L’innesco di protesta sociale a cui si assiste in questi giorni che rivolge il suo messaggio a “tutto il Popolo Italiano” ma in prima istanza al mondo del lavoro autonomo “tartassato” dallo stato – partite iva, commercianti, artigiani, piccoli imprenditori – è un fenomeno da seguire con grande attenzione.

Il motivo è duplice e semplice.

In primo luogo vi è una vastissima la letteratura specialistica e pubblicistica che ha rispettivamente analizzato e segnalato all’opinione pubblica i ripetuti casi storici (in più paesi) della connessione tra mobilitazione sociale della piccola borghesia autonoma e avanzamento delle destre, anche quelle più
radicali e violente ed eversive, sulla scena politica. Una delle spiegazioni più ricorrenti della connessione tra la mobilitazione della piccola borghesia autonoma e destra politica chiama in causa l’ideologia tipica di questa classe sociale. Cultura tendenzialmente basata sull’importanza attribuita alla proprietà privata e all’iniziativa privata di impresa come fonte di libertà e benessere, su una concezione individualistica e competitiva del lavoro e dei rapporti sociali modellata dalla concorrenza di mercato con la quale quotidianamente e direttamente gli appartenenti di questa classe sociale si confrontano, su un rapporto di ostilità nei confronti del settore pubblico concepito essenzialmente come un esoso “esattore” che estorce una parte sempre più intollerabile dei frutti del proprio sudore a fronte di una fornitura di servizi vissuti come inefficienti oppure fruiti soprattutto da altri (immigrati, sfaccendati, ecc.) che meno hanno contribuito a finanziarli.

In secondo luogo in Italia questa classe sociale è decisamente consistente. Infatti una caratteristica anomala della struttura occupazionale in Italia è data dal fatto che a differenza di ogni altro grande paese a capitalismo avanzato e analogamente alla Grecia, nel nostro paese è molto elevata la quota di lavoro indipendente. Se negli USA, in Germania, nel Regno Unito o in Francia i lavoratori indipendenti sono all’incirca il 10% degli occupati, in Italia sono circa tra volte tanto: infatti poco meno del 30% degli occupati in Italia è costituito da lavoratori indipendenti, ovvero da commercianti, artigiani, lavoratori autonomi, liberi professionisti, coltivatori diretti, imprenditori (in grandissima parte microimprenditori con un numero ridotto di dipendenti) agricoli, industriali o dei servizi.

Questa anomalia italiana ha radici lontane, che risalgono perlomeno al secondo dopoguerra, ed almeno in parte è stata generata e successivamente alimentata da esigenze e conseguenti scelte politiche. Le esigenze erano quelle di trovare, durante il processo di modernizzazione e sviluppo del nostro Paese, un contrappeso sociale e quindi politico al crescente proletariato in maggioranza orientato a sinistra e nel quale cresceva il radicamento di quello che, nonostante un contesto decisamente ostile, si presentava come il più grande partito comunista d’occidente. Le scelte conseguenti furono quelle della Democrazia Cristiana, che sin dalla ricostruzione posbellica sviluppò una politica organica volta, appunto, tra le altre cose, a “creare una piccola borghesia moderata (coltivatori diretti, artigiani, commercianti”
(http://dizionari.repubblica.it/Enciclopedia/D/democraziacristiana.php)

Questo blocco sociale, bacino di consenso dello schieramento moderato e affatto raramente anche conservatore, è stato progressivamente “fidelizzato” dalla DC e dai suoi eredi politici della seconda repubblica (Forza Italia poi PdL e ora nuovamente Forza Italia [sarà un puro caso che gli attuali manifestanti
agitano come unico simbolo le bandiere nazionali?], Lega Nord) sia con una vasta e generosa normativa a sostegno della piccola impresa e del lavoro autonomo, sia giungendo a modellare un sistema fiscale a maglie sufficientemente larghe per tali categorie di contribuenti da permettere elusione un’evasione fiscale diffusa, come amaramente testimoniano ogni anno i dati della agenzia delle entrate disaggregati per categoria professionale dei contribuenti IRPEF.

Sebbene politicamente ed elettoralmente “efficiente” per i partiti moderati e conservatori (questo ovviamente non implica che la totalità dei lavoratori autonomi esprima un orientamento politico-culturale moderato o conservatore e un voto conseguente, ma un orientamento prevalente), questo blocco sociale
non è altrettanto efficiente dal punto di vista economico, a causa delle inefficienze di scala determinate dalla eccessiva frammentazione, quando non di vera e propria polverizzazione, del tessuto produttivo.
Questa inefficienza è stata economicamente e socialmente scaricata in diversi modi, ad esempio da un lato gravando maggiormente in termini di carico fiscale sui lavoratori dipendenti, dall’altro per molto tempo
adottando una periodica svalutazione competitiva della moneta nazionale, la lira, infine pagata dagli stessi lavoratori autonomi, soprattutto quelli di ultima generazione tra i quali non è affatto rara la presenza di lavoro subordinato mascherato, non di rado costretti all’autosfruttamento in termini di carico e orari di lavoro a fronte di un reddito che risulta generoso, soddisfacente o anche solo dignitoso solo nel quadro di un regime fiscale di favore o “tollerante”, da cui la diffusa sensazione – affatto errata – nell’ambito di
questa categoria di occupati che il pagamento delle tasse coincida con una significativa compromissione del proprio tenore di vita.

L’attuale grave crisi economica aggrava il peso di questa storica scarsa efficienza economica a livello aggregato della piccola borghesia autonoma nazionale. Che in misura crescente viene colpita dalla crisi soprattutto per effetto della recente caduta dei consumi interni (commercianti, artigiani e piccola e piccolissima impresa che rifornisce il mercato interno) a causa delle misure restrittive delle politiche economiche tese alla riduzione del debito e della spesa pubblica e sempre meno può di conseguenza essere protetta dalle tradizionali politiche di salvaguardia che si basavano sul contenimento del prelievo fiscale, in quanto il problema si presenta in questa fase sul fronte delle entrate. Ovviamente ciò non vieta che l’artigiano o il commerciante non reagiscano come sempre hanno fatto sulla base dei loro schemi subculturali, ovvero continuando ad accusare lo stato (o “la politica”) di strozzarli.

La scarsa efficienza economica della piccola borghesia urbana può indurre la classe dirigente ad inserire anche quest’ultima nel programma di ristrutturazione del sistema capitalistico nazionale al fine di renderlo maggiormente competitivo nel quadro internazionale. In effetti sembra proprio che vi siano azioni in questa direzione (la stretta creditizia nei confronti della piccola impresa, del commercio e dell’artigianato,
un maggior rigore nell’accertamento fiscale e nella riscossione dei tributi, ecc.).

L’attenuarsi delle politiche di protezione di questa classe sociale comporta inevitabilmente un problema di seria crisi del consenso se ad attuarla sono formazioni politiche moderate o conservatrici e di aperta protesta sociale se ad attuarla sono forze progressiste considerate ostili dalla subcultura politica dominante nella piccola borghesia autonoma. In ogni caso, superata una certa soglia di impatto sul tenore di vita a livello aggregato, quindi con effetti di massa, si corrono rischi seri di mobilitazione e di protesta sociale diffusa, a causa della già ricordata notevole dimensione in termini di popolazione e di occupati di questa classe sociale. Questa protesta però avverrà probabilmente seguendo in prevalenza gli schemi subculturali già citati, quindi di ostilità al settore pubblico, al prelievo fiscale, con una ideologia individualistica (quindi
ad esempio antisindacale), di ricerca di protezione del proprio particolare disinteressandosi delle implicazioni in termini di solidarietà sociale, di costi scaricati su altre categorie sociali e di assunzione di responsabilità nei confronti della tenuta del sistema sociale complessivo, anche in termini democratici.

La “ristrutturazione” della piccola borghesia autonoma nella direzione di una maggiore efficienza economica e di una sua maggiore più equa partecipazione al finanziamento dei servizi pubblici è una partita strutturale molto impegnativa che non è iniziata certo con il governo Letta. In una certa misura, il superamento dell’anomalia italiana (e greca) di una piccola borghesia autonoma comparativamente ipertrofica ed inefficiente in termini economici a livello aggregato appare comunque strutturalmente difficilmente eludibile. Il problema vero è come attuare questo processo di ristrutturazione abbattendone il più possibile i costi sociali e la conseguente protesta sociale cavalcabile dalla destra anche estrema.

Il governo attuale non pare disporre di ricette in tal senso, mentre all’opposto un nuovo soggetto politico in ri-formazione collocandosi a destra e fuori dalla sfera delle “responsabilità di governo”, Forza Italia, ha interesse a soffiare sul fuoco, così come interesse potrebbe averlo un’altra forza di opposizione a destra, la Lega Nord se non si trovasse ad avere visibili responsabilità di governo in alcune realtà regionali, oltre a tutto lo schieramento di formazioni di estrema destra.



Per ora, le prime battute intense e attuate con grande visibilità e determinazione del movimento di protesta non configurano l’innesco una protesta sociale di massa della classe media autonoma, se non forse in alcune aree del Nord-Est. Tuttavia nulla toglie che un innesco mantenuto con determinazione per un periodo prolungato e la risonanza dei media possano sortire un effetto di massa, anche se è da segnalare che le manifestazioni di teppismo e violenza veicolate dai media hanno un probabile effetto di
scoraggiamento sui commercianti e gli artigiani, tradizionalmente abituati ad agire secondo i canoni della “maggioranza silenziosa”, certamente ora più disponibili a manifestare un aperto e deciso dissenso, ma per motivi strutturali poco propensi a compromettere le loro attività con proteste prolungate e rischiose.
Semmai un’attività di protesta prolungata e incisiva può riguardare fasce sottoproletarizzate o ormai prive di reali chances sul mercato di queste categorie, cioè di persone in transizione dal lavoro autonomo alla
disoccupazione e alla relativa vulnerabilità sociale.

Stando ai fatti, per le prime impressionistiche informazioni che si hanno da testimonianze dirette di chi ha assistito alle proteste, da video e da immagini, le presenze in queste agitazioni sono riconducibili solo in parte al (micro)associazionismo di categorie professionali riconducibili ai lavoratori autonomi e a presenze individuali provenienti dalle classi sociali suindicate, mentre più importante sembra l’apporto delle organizzazioni di estrema destra e delle formazioni di ultrà, che spesso presentano aree di sovrapposizione.
E’ a queste ultime che probabilmente si deve la capacità di articolare e di dare una regia all’insieme di azioni di protesta attivate sul territorio tese a paralizzare snodi logistici (dalle stazioni ferroviarie alle arterie
di accesso alle città) e ad occupare luoghi simbolici come le piazze, in particolare del centro della città.
(per riferimenti dettagliati cfr. per esempio http://www.contropiano.org/articoli/item/20751).

Sempre dalle prime informazioni piuttosto il più importante serbatoio sociale della mobilitazione sembra per ora essere costituito dai cosiddetti giovani Neet (not in education, employment or training), ovvero da giovani non in formazione, lavoro o educazione. Si tratta di una categoria sociale in rapido aumento negli ultimi anni in tutta Europa e che nella classifica europea vede l’Italia tra i primissimi posti (più o meno il 23% dei giovani), preceduta solo dalla Bulgaria e dalla Grecia. E’ la categoria sociale che può fornire la
maggiore quantità di “tempo sociale” libero da impegni di lavoro o di studio da impegnare nella protesta e che si trova nella disposizione soggettiva di rabbia per assenza di prospettiva, condizione funzionale ad agire una protesta anche prolungata quando non persistente.

Se queste prime impressioni fossero confermate, le proposte e le iniziative politiche, nonché il lavoro di radicamento-intervento sociale dovrebbero quindi orientarsi anche e soprattutto nei confronti di questo fenomeno sociale in rapido e drammatico aumento, per impedire che esso si trasformi nel carburante altamente infiammabile che alimenta una rapida ascesa dell’estrema destra prima sulla scena pubblica e poi nei consensi elettorali.

Al tempo stesso urge recuperare, sviluppare e rinnovare le proposte politiche che già il PCI aveva avanzato al lavoro autonomo, ai commercianti e agli artigiani per affrontare, in forma solidale, associata e/o cooperativa, le drammatiche avversità a cui le crisi capitalistiche espongono queste categorie di lavoratori, permettendogli almeno di affrontare alcuni problemi di economia di scala che affliggono e di trovare forme di espressione collettiva delle proprie rivendicazioni che sappiano al tempo stesso inserirsi in una proposta
più ampia di trasformazione e di equità sociale. In alcune aree del paese dove è ancora presente una diffusa subcultura di sinistra, e tra queste vi è certamente anche Torino, queste proposte possono avere un certo
margine di successo o almeno di ascolto in alcune fasce di lavoro autonomo orientate ad un’ideologia libertario-progressista che seppur minoritaria è tradizionalmente sempre stata presente nel nostro paese.

Torino, 10 dicembre 2012

* Sociologo, ricercatore all'università di Aosta.

lunedì 9 dicembre 2013

Intuizione, 17 (Il sonno della democrazia genera mostri)

L'anarco-nazionalismo!
Grazie Preve, non sei morto invano, da solo non ci sarei mai arrivato...


PS: significativamente, è il mio primo post con tag "nazione" e "anticapitalismo"

domenica 8 dicembre 2013

Matteo Renzi e la nave Argo

Avete presente la storiella filosofica della nave Argo? Durante il viaggio in mare vengono cambiati i suoi pezzi uno a uno, così alla fine del viaggio la nave non ha più nemmeno un pezzo di quelli originari.
I pezzi vecchi però esistono ancora, sono stati conservati e li puoi rimontare nel tuo cortile e ricomporre la nave. A quel punto però ci saranno due navi: qual è la vera Argo, quella in porto coi pezzi nuovi o quella in cortile coi pezzi vecchi?
Io sono uno di quelli che danno "la risposta dell'antiquario": la vera nave è quella fatta di pezzi vecchi, anche se sono stati sostituiti uno a uno (meglio, così non si sono deteriorati completamente).

Ora, pensate a una vecchia nave chiamata Sogno Di Una Cosa... Mentre era in mare i suoi pezzi sono stati tutti sostituiti con pezzi nuovi, di magnifica apaprenza, anche se talvolta sotto lo smalto meraviglioso sono fradici e lasciano passare l'acqua.

Vogliamo provare a rimontare i pezzi vecchi e a rimettere in mare la vecchia nave gloriosa? Spetta solo a noi.

sabato 7 dicembre 2013

Diario della presenza mentale, 7 (Resistenze, volontà, autoinganno)

In una quinta ho nominato en passant la presenza mentale e i ragazzi mi hanno immediatamente manifestato grande interesse. Perciò mi riprometto di fargli una lezione a partire da Il miracolo della presenza mentale, di Thich Nhat Hanh.
Però io la presenza mentale non la pratico da tempo, e ora come ora non saprei da dove iniziare. Che cosa mi trattiene? In questo preciso momento almeno tre cose: sto scrivendo queste righe, sto ascoltando i Massive Attack e devo tornare a correggere la mia tesi di dottorato.
Eppure SO che questi non sono veri ostacoli. Si potrebbe fare presenza mentale senza sospendere nessuna di queste tre azioni, che sono oggetti fenomenologici come tutti gli altri.
Devo dunque non autoingannarmi sul fatto che io non POSSA fare presenza mentale. Io posso fare presenza mentale in qualsiasi momento. Direi che dovrei però VOLERLO, ma mi sembra di sapere che non sia precisamente una questione di volontà.
O invece sì? Forse qui tocco di nuovo ciò che da bambino cercavo di capire riguardo alla mia debolezza della volontà (akrasìa)?
Ora smetto di scrivere, torno alla mia tesi, lascio i Massive Attack. Ma provo a praticare la presenza mentale.

***

Ora sono riuscito a praticarla per qualche istante, mentre giravo la pasta. E' come se dovessi comandare i miei occhi perché continuino a guardare le cose anche dopo averle identificate per l'azione pratica ("quella è la pentola gira la pasta ma non distrarti subito, guarda la pentola, guarda l'acqua che bolle, guarda la tua mano che gira il cucchiaio dentro all'acqua dentro alla pentola...")

giovedì 5 dicembre 2013

Domande difficili di Agostino, 1

D: Perché i cammelli vivono dove fa caldo?
R: euh... a pensarci bene i cammelli vivono anche dove fa freddo, quindi i cammelli possono vivere sia dove fa tanto caldo che dove fa tanto freddo. (Sopportano gli sbalzi di temperatura).

lunedì 2 dicembre 2013

Gaga/Žižek: la strana coppia (Vogue.it)

Pubblicato su Vogue.it il 25 luglio 2011

Si è recentemente diffusa una voce secondo cui Lady Gaga e il filosofo Slavoj Žižek sarebbero diventati "grandi amici", ossia amanti. L'amicizia è confermata da Žižek, che però dichiara falsa qualsiasi illazione su una loro liaison. Non è difficile credere al filosofo sloveno (per altro sposato con la modella argentina Analia Hounie), ma è interessante provare a capire perché la notizia sembri come minimo molto verosimile. Che cosa hanno mai in comune la pop-star più famosa del momento e il pop-filosofo che da anni domina le scene mondiali col suo impeto simpatico e irresistibile? 

Forse più di un punto. Entrambi hanno molto a che fare con il personaggio concettuale del mostro: Lady Gaga ha fatto del brutto e del mostruoso un elemento portante della propria estetica (o etica, se si pensa al fenomeno di totalizzazione che caratterizza il rapporto tra Gaga e i suoi fans, apertamente incoraggiati a non temere diversità di nessun tipo, a partire da quella sessuale). Come lo stesso Žižek dice, la figura e "l'opera" di Lady Gaga sono all'altezza della contemporaneità: i suoi video prendono a prestito – con risultati perfetti nel loro genere – stilemi dell'arte contemporanea e della moda più glamour-shock. E per parte sua, Žižek ha indagato - con gli strumenti della psicoanalisi lacaniana e della filosofia idealistica e marxiana - il lato oscuro, vergognoso e perverso dell'umano, partendo dalla politica e passando per una sorta di psicoanalisi del cinema e della letteratura. 

Žižek, il cui successo planetario è per certi versi paragonabile a quello di Lady Gaga, non è inquadrabile nei ranghi della filosofia tradizionale e nemmeno si riduce all'etichetta “pop” che gli viene appioppata: seppure in maniera opinabile, com'è normale, Žižek parla di temi universali a un pubblico universale, facendosi facilmente comprendere da americani ed europei, cinesi e indiani.Insomma, se i due monstres avessero costituito per davvero una nuova coppia, il gossip per una volta sarebbe sembrato trasformarsi in qualcosa di essenziale a proposito della nostra epoca e i suoi protagonisti. 

Nell'epoca dello spettacolo generalizzato, il connubio Lady Gaga & Slavoj Žižek, sia esso virtuale, amichevole o amoroso, appare come un fenomeno estremamente sensato, per quanto falso.

Chomsky vs Žižek

Pubblicato da Znet:

Noam Chomsky – dicembre 2012

In questo breve brano di un’intervista del dicembre 2012 a Veterans Unplugged, a Chomsky è chiesto un parere sulle idee di Slavoj Žižek, Jacques Lacan e Jacques Derrida. Lo studioso del M.I.T. che altrove ha descritto alcune di tali figure e dei loro seguaci come “sette” non misura le parole:

“Ciò cui ti riferisci [rivolgendosi all’intervistatore – n.d.t.] è quella che si chiama “teoria”. E quando ho detto che non sono interessato alla teoria ciò che intendevo dire è che non sono interessato all’esibizionismo, all’utilizzare termini eleganti, come polisillabi, per fingere di avere una teoria quando non se ne ha affatto una. Dunque, in tutta questa roba non c’è alcuna teoria, non nel senso del termine ‘teoria’ con il quale tutti hanno familiarità nelle scienze o in qualsiasi campo serio. Cercare di trovare in tutto il lavoro che citi dei principi dai quali si possano dedurre conclusioni, proposizioni empiricamente verificabili dove tutto vada oltre il livello di qualcosa che si possa spiegare in cinque minuti a un bambino di dodici anni. Prova a vedere si riesci a trovare questo, una volta decodificati i termini astrusi. Io non ci riesco. Perciò non sono interessato a quel genere di esibizione. Žižek ne è l’esempio estremo. Non vedo nulla in ciò che dice. Jacques Lacan in effetti l’ho conosciuto. A modo suo mi piaceva. Ci incontravamo di tanto in tanto. Ma, con assoluta franchezza, penso fosse un totale ciarlatano. Si atteggiava a favore delle telecamere nel modo tipico di molti intellettuali parigini. Perché queste cose abbiano influenza, non né ho la minima idea. Non vedo nulla che dovrebbe avere influenza.”

Intuizione, 16 (Spotify)

La funzione (di coesione) sociale della musica è stata osservata almeno fin dalla nascita della moderna scienza del comportamento umano (per esempio da Darwin).
Oggi il discorso sulla condivisione virtuale della musica tramite i social media come Spotify si concentra sulla forme-di-merce della musica, e sulla parcellizzazione cognitiva data dall'ascolto di parti musicali anzichè di intere opere.
Eppure con i social media noi condividiamo la musica e intendiamo far funzionare la musica nel modo in cui pare sia progettata per funzionare: cioé per far "allineare" i nostri stati mentali (Bharucha et al. 2012).
E' inutile trattare l'esperienza dell'ascolto privato, l'LP sul proprio giradischi nella propria stanzetta adolescenziale, come se fosse un'esperienza normale: era quella, l'eccezione, perché in tutte le società la musica è sempre stata un'esperienza di condivisione.
Qui, però, ovviamente, si condivide in absentia, virtualmente.
(Si facciano avanti i paladini dell'interiorizzazione dell'Altro.)

sabato 30 novembre 2013

Come spiegare in poche parole a un ricercatore australiano come diavolo sei passato da Badiou alla musicologia cognitiva

Well, it was many years ago (1998). I studied with Badiou for two years, for my D.E.A. about Deleuze and… Badiou himself.
At the end of that experience I was satiated of French philosophy and I felt the need for a more empirically grounded style of thought (that was my criticism of his philosophy: it is a form of idealism).
I started a PhD with him but after some times I stopped, because I was no more convinced. Than I did a PhD in philosophy with a French wittgensteinian scholar, Antonia Soulez: the topic was the philosophical style. In that thesis I worked on Relevance Theory, and at the end of it I understood that this theory could be applied to music. So I started my present research program on “musical relevance”, a concept that I formed mixing Relevance Theory and Lerdahl and Jackendoff’s A Generative Theory Tonal Music.
If you are interested you can read a 2012 paper accepted by CogSci: http://mindmodeling.org/cogsci2012/papers/0224/index.html
This version completely lacks of the psychological experimentation that we have done and we are doing after, but It is a first statement of my theory.

Cose brutte che mi rattristano, 1

La mamma che viene a parlarmi per dire che i compagni di sua figlia - a differenza di sua figlia (che ha avuto l'insufficienza grave) - hanno copiato durante il ridicolo test sulle letture estive: mi riempie di tristezza.

lunedì 25 novembre 2013

In morte di Costanzo Preve

Di lui so troppo poco per poter dire qualcosa di sensato (anche se una mia idea ce l'ho). Di sicuro ciò che avevo letto di lui sul Manifesto vent'anni fa, e cioè della sua militanza nel Campo Antimperialista, me lo aveva immediatamente allontanato. Ma ciò che il Manifesto omise di dirmi, giovane neomarxistucolo piccolo borghese qual ero, è che Preve è un filosofo sicuramente interessante, di enorme erudizione e dalla produzione imponente. E tanto mi sarebbe bastato per non ignorarlo per vent'anni, fino alla sua scomparsa.

Riservandomi di leggere il più possibile nei prossimi tempi, mi limito per ora a pubblicare i link degli unici (per ora) due suoi libri che ho trovato online.

- Il tempo della ricerca. Saggio sul moderno, il post-moderno e la fine della storia: http://en.bookfi.org/book/1513164

- Ideologia italiana. Saggio sulla storia delle idee marxiste in Italia: http://en.bookfi.org/book/1513163

Qui si trovano diversi articoli: http://www.kelebekler.com/occ/prevearticoli.htm

***

Recepisco il suggerimento di Marcello Teofilatto e linko l'Elogio della filosofia ebook gratuito della casa editrice Petite Plaisance.

sabato 23 novembre 2013

Intuizione, 15 (Libertà impura)

Ai filosofi e agli intellettuali il tema e il concetto della libertà sono molto cari.
L' "uomo comune" - posto che esista aldilà dell'astrazione necessaria a un discorso un po' retrivo come questo - non si cura tanto del concetto quanto della sua pratica.
I filosofi come li conosciamo (esclusi quindi gli antichi, Aristotele incluso) tendono a opporre la libertà interiore, spirituale ed etica, a quella esteriore, fisica, sociale e politica (un tema inizialmente sviluppato dalle filosofie ellenistiche, magistralmente stilizzato da Hegel).
Ma l'opposizione di fisico e spirituale si decostruisce da sé.
La nostra stessa quotidianità è un'alternanza di sottomissione pratica ai nostri doveri pratici, desideri e "piani di comportamento" e di ribellione o frustrazione degli stessi.
La libertà è un impasto empirico-trascendentale, impura come l'essere che solo possiamo conoscere, umani.

venerdì 22 novembre 2013

Intuizione, 14 (L'assenza della "voltità" dal web)

Io me lo ricordo bene, quando all'inizio si sentiva l'esigenza di conoscere almeno il volto dell'amico di FB. Poi questa cosa è scomparsa completamente, corrispondiamo quotidianamente con amici dal volto assente.

"Segno dell'alienazione della comunicazione virtuale!", si affretta a dire il virtuoofobo apocalittico.
Va bene, ma quando per secoli gli intellettuali europei corrispondevano tra di loro avevano forse un'idea precisa del volto dell'Altro? Al massimo una stampa, ma solo per i casi più illustri, suppongo.

PS: a parte che se proprio la curiosità per il volto altrui ci rode, si fa in fretta a soddisfarla con una foto. Pensa, o virtuoofobo, conosco persino persone che dalla Rete sono passate a conoscersi realmente! Pensa!

Crepi il porco liberale!